La multa è nulla se la taratura non è dimostrata

Nel nostro ordinamento non vi è alcuna norma specifica che preveda l’obbligo di sottoporre a taratura periodica e verifica di funzionamento le apparecchiature predisposte per l’accertamento e la misurazione della velocità.

Le norme in materia

Nessuna disposizione di tal genere è rinvenibile nella legge n. 273 del 1991 sulla istituzione del sistema nazionale di taratura, né nel vigente Codice della Strada. Quanto a quest’ultimo testo normativo, l’art. 45, comma 6, del D.Lgs. n. 285/1992, nel regolare l’uniformità della segnaletica, dei mezzi di controllo e delle omologazioni, si riferisce, tra l’altro, anche alle apparecchiature di accertamento dei limiti di velocità, non prevedendone però espressamente la verifica periodica inerente la taratura ed il funzionamento. La formulazione della detta norma, pertanto, ha prestato il fianco al formarsi di un uniforme e costante orientamento ermeneutico della Corte di Cassazione, assurto a rango di diritto vivente, secondo il quale le apparecchiature elettroniche per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità non necessiterebbero, tanto nelle ipotesi di rilevazioni automatiche, quanto in quelle realizzate attraverso operatori, di essere sottoposte a procedure di verifica periodica.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale

Nondimeno, l’interpretazione giurisprudenziale emersa in relazione all’art. 45, comma 6, del D.Lgs. n. 285 del 1992 e che fa discendere da tale disposizione l’esonero, per i soggetti utilizzatori, dall’obbligo di procedure di verifica periodica di funzionamento degli autovelox, ha sollevato dubbi di costituzionalità, in riferimento all’art. 3 Cost., sotto il profilo della palese irragionevolezza di un sistema che consentirebbe l’utilizzo di apparecchiature per la rilevazione dei limiti di velocità sulla base della presunzione del loro corretto funzionamento, fondata sulla mera conformità di essi al modello omologato, consentendo, perciò, alle amministrazioni preposte agli accertamenti di evitare ogni successiva taratura e verifica.

La Consulta, ritenendo fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 45, comma 6, del D.Lgs. n. 285 del 1992, secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, poiché “si colloca al di fuori del perimetro della ragionevolezza, finendo per comprimere in modo assolutamente ingiustificato la tutela dei soggetti sottoposti ad accertamento”, con Sentenza del 18/06/2015 n. 113, ne dichiarava la illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.

Invero, argomenta la Corte Costituzionale, qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è suscettibile, nel corso del tempo, di obsolescenza e deterioramento delle proprie componenti, dovuti a diversi fattori, quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, ecc. La variazione delle caratteristiche delle apparecchiature di misurazione dei limiti di velocità determina, evidentemente, variazioni dei valori misurati, pregiudicando l’affidabilità circa il loro corretto funzionamento.

Invero, “Un controllo di conformità alle prescrizioni tecniche ha senso solo se esteso all’intero arco temporale di utilizzazione degli strumenti di misura, poiché la finalità dello stesso è strettamente diretta a garantire che il funzionamento e la precisione nelle misurazioni siano contestuali al momento in cui la velocità viene rilevata, momento che potrebbe essere distanziato in modo significativo dalla data di omologazione e di taratura”.

Tuttavia, allo stato attuale della tecnologia, l’irripetibilità dell’accertamento dell’eccesso di velocità nelle ipotesi di contestazione, impone di attribuire alle risultanze degli autovelox valore probatorio nei procedimenti sanzionatori inerenti alle trasgressioni dei limiti di velocità, come prescritto dal’art. 142, comma 6, del D.Lgs. n. 285 del 1992. La predetta norma realizza un bilanciamento di contrapposti interessi, pubblici e privati, quali, da un lato, la tutela della sicurezza stradale e, dall’altro, la tutela della certezza dei rapporti giuridici e del diritto di difesa del soggetto sanzionato.

Detto bilanciamento si concreta attraverso una sorta di presunzione, fondata sull’affidabilità dell’omologazione, ma anche della permanenza di funzionalità dell’autovelox garantita, quest’ultima, da verifiche periodiche di conformità alle relative specifiche tecniche, che consente di non ritenere pregiudicata, oltre un limite ragionevole, la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici.

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 14597 del 26/05/2021

La sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 2015 ha, difatti, imposto una inversione di tendenza rispetto agli orientamenti giurisprudenziali consolidatesi precedentemente. I principi espressi dalla Consulta hanno trovato applicazione in diverse pronunce successive della Corte di Cassazione, tra le quali, si vuole segnalare l’Ordinanza n. 14597 del 26/05/2021 per l’interessante excursus, che opera, delle decisioni della giurisprudenza di legittimità aderenti al dictum della Corte Costituzionale, imprimendo maggiore fermezza ai principi ivi enunciati.

Ritenendo fondato il motivo di ricorso sull’omessa prova, da parte dell’Amministrazione, della taratura periodica degli apparati di rilevamento della velocità a distanza, il Collegio, con la predetta ordinanza, accoglieva il ricorso cassando con rinvio la decisione impugnata.

In essa, la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire che “tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, non essendone consentita la dimostrazione od attestazione con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità” (Cass. Sez. 2, Sent. n. 9645 del 11/05/2016; Cass. Sez. 2, Ord. n. 18022 del 09/07/2018; Cass. Sez. 2, Sent. n. 1608 del 26/01/2021).

Inoltre, “in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate” (Cass., Ord. n. 533 del 11/01/2018; Cass. Sez. 2, Ord. n. 23953 del 29/10/2020), poiché la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità ed affidabilità dell’apparecchio non è ricavabile dal verbale di contravvenzione, il quale non riveste fede privilegiata in ordine all’attestazione, frutto di mera percezione sensoriale, degli agenti circa il corretto funzionamento dell’apparecchiatura, allorchè e nell’istante in cui l’eccesso di velocità è rilevato (Cass. Ord. n. 32369 del 13/12/2018,).

Il Collegio precisa come i richiamati principi siano validi, tanto nel caso in cui l’apparecchiatura operi in presenza di operatori, quanto nell’ipotesi in cui si tratti di rilevazioni automatiche senza la presenza degli operatori ovvero, ancora, realizzate tramite sistemi di autodiagnosi (Cass. Sez. 2, Sent. n. 10463 del 03/06/2020). Infine, la Corte di Cassazione osserva che in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato, la prova positiva dell’omologazione iniziale e della taratura periodica dello strumento spetta all’Amministrazione. A tal fine, si ritiene sufficiente la produzione del certificato di taratura periodica, atto dimostrare il corretto funzionamento dell’apparato di rilevazione della velocità; per converso, in presenza di questi elementi, spetta alla parte sanzionata l’onere della prova contraria (Cass. Sez. 2, Ord. n. 29093 del 18/12/2020; Cass., Ord. n. 3538 dell’11/02/2021).

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Carmen Quagliano
Carmen Quagliano
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