Giudice di Pace Castellammare di Stabia Sent. del 14 giugno 2006
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Nella causa civile iscritta al N. 1805/06 del R.G. affari civili
Comune di Castellammare di Stabia , in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Castellammare di Stabia, Via Raiola, 44, presso l’avvocatura municipale, in uno ai suoi difensori Avv. Donatangelo Cancello e Sergio Siracusa, per mandato in atti
Oggetto : azione per l’ annullamento del verbale e risarcimento dei danni
Si costituiva in giudizio Comune di Castellammare di Stabia, che produceva documentazione, eccepiva l’inammissibilità della domanda in quanto non si poteva più invocare il solve et repete , e in ogni caso nel merito chiedeva rigettarsi ogni richiesta attorea.
Sulle conclusioni rassegnate dalle parti il giudicante si riservava per la decisione.
Nel merito la domanda é fondata solo parzialmente e va accolta per quanto di ragione. Osserva il giudicante, che secondo costante orientamento della S.C., a dare la qualificazione giuridica ad una domanda, é il magistrato giudicante il quale, non deve solo limitarsi ad una mera interpretazione letterale, ma deve in ogni caso, necessariamente, dall’intera lettura del libello introduttivo e delle cartule processuali prodotte, interpretare cosa domanda la parte alla giustizia.
Orbene, questo giudice, procede all’interpretazione delle richieste attoree, evidenziando che questi propone due distinte domande , la prima volta ad ottenere l’annullamento del verbale, assumendo che ha pagato in virtù di un atto nullo, la seconda, rivolta ad ottenere il risarcimento dei danni per il comportamento scorretto della P.A. Poiché, le due domande si sommano e sono contenute, nella competenza di questo giudice, pari ad euro 2.582,28, l’intera domanda è sicuramente oltre i limiti di cui all’art 113 c.p.c., non basta a farla rientrare nel limite di euro 1.030,00 la dichiarazione dell’attore che dopo aver limitato il tutto alla competenza dell’adito giudice, riporta la dizione di euro 1.030,00, avendo dovuto espressamente riportare di voler contenere la domanda in quella somma. Inoltre, il giudicante ritiene che l’attore con la domanda di annullamento del verbale de quo , ha espressamente posto una domanda di competenza esclusiva del giudicante ex L. 689/81 e pertanto, essa non può essere limitata per alcun valore, se non a quello previsto dalla detta legislazione. Dette considerazioni, in uno alla circostanza, che con il decreto n. 40/06, le decisioni del giudice di pace, in materia di annullamento di verbali per contravvenzioni al C.d.S., sono appellabili, impongono al magistrato di giudicare secondo diritto, con la conseguenza che la sentenza è appellabile.
La prima domanda , sicuramente non può trovare ingresso in questo giudizio, in quanto l’attore, ha pagato in virtù di un verbale di contravvenzione, che non impugnato, nei termini di legge, acquista valore di titolo esecutivo e pertanto, alcuna azione di annullamento può essere posta in essere, né il giudicante, può entrare nel merito dell’atto amministrativo e decidere sulla sua eventuale nullità, essendo decorsi i termini prescritti per l’impugnazione.
Pertanto, va acclarato che il verbale di contravvenzione resta valido e non può essere oggetto di impugnazione alcuna. E’ questo, un principio di diritto amministrativo indiscusso, in dottrina, (vedasi per tutti Sandulli) , ed in giurisprudenza, secondo cui il provvedimento amministrativo non impugnato assume esecutorietà divenendo in tal modo opponibile al destinatario, che non può far altro che soggiacere ad esso. Non si può, in ogni caso parlare di possibilità di disapplicazione dell’atto sia, in quanto lo stesso non riveste il carattere di atto generale, ma è rivolto ad un solo destinatario, l’odierno attore, sia in quanto il legislatore ha previsto una speciale procedura per l’impugnazione con la L. 689/81.
Passando ora ad esaminare, la seconda parte della domanda , quella risarcitoria, questo giudice si convince che essa va sicuramente accolta, ma per giungere a tale asserzione, bisogna operare, alcune considerazioni. L’attore, chiede il risarcimento di danni provocatogli da un comportamento scorretto della PA, configurando una responsabilità ex art 2043 c.c. della stessa. Orbene, osserva il giudicante, che la fattispecie per la quale si invoca la tutela non è certo un diritto soggettivo, che si è creato nella sfera giuridica del soggetto, ma un mero interesse legittimo. Sicuramente, se ci fosse stata la violazione di un diritto soggettivo, la situazione sarebbe stata risolvibile molto semplicemente, invece in tema di interessi legittimi, occorre che esistano alcune condizioni. Fino al 1999, la S.C. (vedasi Sent. n. 2667/93), aveva ribadito che non era possibile la tutela degli interessi legittimi, se non ci fosse stato l’annullamento del provvedimento, pertanto, sotto l’egida di tale orientamento, la domanda dell’odierno attore non poteva sicuramente essere accolta. Invece, nel 1999, la S.C. con Sent S.U. n. 500/99, modifica il proprio orientamento, riconoscendo che vi è risarcibilità del danno, configurandosi una responsabilità aquiliana, anche quando la P.A. lede un interesse legittimo e non un diritto soggettivo, e ciò a prescindere dalla caducazione o meno del provvedimento amministrativo. Orbene, ora questo giudice, acclarato che se vi è violazione di un interesse legittimo, vi è risarcibilità del danno, deve valutare se esiste la violazione e se tale violazione produce danni. Il Consiglio di Stato con Sent. n. 32/05, assume che esiste violazione di interessi legittimi se vi è colpevolezza della P.A. Certamente, il verbale, non impugnato e pagato, se pur da un lato non ha ottenuto l’acquiescenza dell’odierno attore, dall’altro, come evidenziato innanzi non è più impugnabile per decorso dei termini, indi la colpevolezza, non va tanto ricercata nei vizi del detto atto, ma nell’intero comportamento della PA, assunto nel notificare un atto tale che sicuramente, ingeriva ed incuteva nell’altro soggetto un certo timore, inducendo lo stesso a credere nell’esistenza di un dovere giuridico, pur non essendoci i presupposti. Insomma, con l’emanazione del verbale de quo , la P.A., notificando, come verbale di contravvenzione, un atto che aveva notevoli vizi, (infatti il verbale non riporta alcuna omologazione o estremi della taratura dell’apparecchio, né è provato che l’apparecchio era presidiato) , ha violato il principio del neminem ledere e di trasparenza e correttezza, imposti da regole generali all’intera attività amministrativa. In tal modo, sottacendo i vizi del provvedimento sanzionatorio, vizi sopra evidenziati e per cui numerosi verbali sono stati già oggetto di pronunce di annullamento da parte di questa giustizia, si è andato a costituire un atto nullo, facendolo apparire per valido, in quanto proveniente dalla P.A. e pertanto, emesso con potestà di imperio. Il cittadino , tra l’altro soggetto debole, nel rapporto di diritto pubblico che viene a crearsi tra lo stesso e la P.A., ha diritto a che l’ente, in tutto l’intero procedimento amministrativo, si comporti col rispetto della normativa e non ponga in essere comportamenti antigiuridici lesivi di ogni e qualsiasi posizione a cui il vigente ordinamento giuridico garantisce tutela. La P.A., con la notifica del detto verbale, cela, l’antigiuridicità del proprio comportamento, e induce l’attore a pagare una sanzione per una violazione, rilevata in maniera irrituale, senza la presenza dell’agente, con apparecchi non tarati, senza riportare l’omologazione dello strumento. In tal modo risulta provata la colpevolezza dell’amministrazione ed il nesso eziologico tra la stessa e la lesione dell’interesse in questo modo accertata. Circa l’esistenza del danno, osserva il giudicante, che all’attore, va sicuramente accordato, quello relativo al depauperamento patrimoniale subito, dal pagamento della sanzione inflitta in modo ingiusto, con la conseguente condanna della P.A. convenuta al pagamento della somma pagata ed ammontante ad euro 150,50 con interessi dal momento dell’incasso, trattandosi di obbligazione nascente ,in ogni caso da atto illecito, in cui la P.A. è in mora ex re .
L’accoglimento solo parziale della domanda comporta, necessariamente la compensazione per il 50% delle spese, e il convenuto va condannato alla sola restante parte, determinata nelle somme che vengono liquidate in dispositivo.
a) Rigetta la domanda di annullamento del verbale;
b) Accerta la responsabilita’ del convenuto per lesione di interesse legittimo ;
c) Condanna lo stesso al pagamento,in favore dell’attore a titolo di risarcimento, della somma di euro 150,50 con interessi come in motivazione;
d) condanna la convenuta Amministrazione al pagamento, del 50% delle spese, diritti ed onorari con distrazione, e che già ridotte, liquida in complessivi euro 160,00 di cui 20,00 per spese, 80,00 per onorari, 60,00 per diritti,oltre 12,5% ,I.V.A. e C.N.A. se non detraibili, compensando la residua frazione di spese tra le parti;
e) sentenza esecutiva ex lege .
Così deciso in Castellammare di Stabia, 14.06.06.
Il giudice di pace
Avv Antonio Iannello