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La costruzione di strade e infrastrutture a norma non è spesso così scontata.
Le difficoltà territoriali o l’inerzia e l’incuria delle amministrazioni e delle società di costruzioni incaricate, rende spesso le vie inadatte o carenti del necessario spazio per la grande confluenza automobilistica.
Con particolare riferimento alle tratte a scorrimento veloce, l’art. 2 ai commi 2 e 3 del Codice della Strada prevede che le strade extraurbane e le strade urbane di scorrimento debbano essere dotate di banchina pavimentata a destra.
Il caso che oggi ci occupa è relativo ad una strada urbana di scorrimento, ma quanto detto può valere anche per gli altri tipi di strade per cui sia previsto l’obbligo di presenza di una banchina o di altri elementi strutturali ai sensi del citato articolo.
Il mancato o lo scorretto posizionamento delle infrastrutture necessarie infatti può arrivare a rendere illegittime le sanzioni che ci vengono irrogate ai sensi dell’art. 142 del Codice della Strada.
Cos’è la banchina pavimentata?
La banchina, ai sensi dell’art. 3 C.d.S. può essere definita come la “parte della strada compresa tra il margine della carreggiata ed il piu’ vicino tra i seguenti elementi longitudinali: marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati.”
La previsione della presenza di questo spazio di sicurezza è fondamentale e serve generalmente al passaggio o al transito pedonale, non essendo quindi compresa nell’area stradale destinata al traffico dei veicoli e costituendo luogo per la sosta soltanto in casi eccezionali e di emergenza.
Che collegamento c’è con la multa ricevuta dall’autovelox?
Nel recentissimo caso che ha occupato la Suprema Corte, deciso con sentenza n. 1805/2023, il cittadino ricorrente, ha proposto ricorso dinanzi al Giudice di Pace contro una sanzione per il superamento dei limiti di velocità e successivamente appello dinanzi al Tribunale, per vedere poi impugnata dal Comune resistente la sentenza a lui favorevole in Corte di Cassazione.
I giudici di legittimità, accogliendo le difese promosse nell’interesse del primo ricorrente, hanno ritenuto che la strada S.R. 53 Postumia tra Vicenza a Portogruaro, sulla quale sono state elevate le sanzioni a mezzo di autovelox, non possa qualificarsi come strada urbana di scorrimento (Art. 2, co. 2 lett. d) in quanto, in assenza di banchine, la stessa non presenta i requisiti richiesti dalla legge.
Tale mancato soddisfacimento delle regole tecniche previste dall’art. 2 C.d.S. ha comportato, secondo i giudici, una illegittimità della rilevazione dell’infrazione effettuata dai rilevatori di velocità posti sulla strada.
Ciò è possibile in quanto “L’art. 201, comma 1 bis, c.d.s., ammette la possibilità di procedere alla contestazione non immediata dell’infrazione mediante rilevatori elettronici di velocità esclusivamente su determinate tipologie di strade, tra cui quelle urbane di scorrimento, rispetto alle quali costituisce elemento strutturale indefettibile, ai sensi dell’art. 2, comma 3, c.d.s., la banchina che, quale spazio della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata e destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza, deve restare libero da ingombri e avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni”
La Corte, inoltre, si è soffermata sulla corretta individuazione dell’elemento strutturale e disattendendo le doglianze del Comune ha rilevato come non possa essere considerato parte della banchina lo spazio più esterno del “ciglio interno della cunetta” o del “ciglio superiore della scarpata nei rilevati”.
In questo modo, stringendo e delineando il campo della corretta definizione, il Supremo Collegio ha escluso l’ipotesi che molti o alcuni degli elementi della strada possano essere considerati parte della nozione di banchina pavimentata, poichè peraltro ne ridurrebbero l’ampiezza e ne comprometterebbero la funzione.
Cosa fare se ci si trova nel medesimo caso?
La sentenza richiamata ha sancito un importante principio, applicabile alle tratte non conformi alle previsioni dell’art. 2 C.d.S.
In particolare va segnalato e tenuto a mente che il D.L. n. 121/2002, conv. in L. n. 168/2002, prevede all’art. 4 che i dispositivi finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli articoli 142 e 148 C.d.S. (c.d. autovelox) possono essere installati sulle strade di cui all’articolo 2, comma 2, lett. c) e d) e cioè sulle strade extraurbane secondarie e sulle strade urbane di scorrimento, previa autorizzazione del Prefetto.
In mancanza pertanto degli elementi strutturali previsti dalla richiamata legge per questi tipi di strada, il posizionamento dell’autovelox può risultare illegittimo per via della mancanza di idoneità alla sua installazione, non essendovi quindi possibilità di procedere a contestazioni non immediate dell’infrazione ai limiti di velocità.
Trovandosi di fronte a un dubbio del genere, la multa che ci viene irrogata potrebbe essere considerata nulla e sarà quindi sempre opportuno contattare un esperto in ricorsi avverso le sanzioni previste dal Codice della Strada.
Lo staff di Ricorsi.net è a disposizione per una valutazione iniziale del caso e per l’assistenza nella redazione dei motivi di ricorso, da poter presentare anche in proprio.
Il testo del ricorso
Qui a seguire, il testo della motivazione con cui contestare le multe per eccesso di velocità rilevate lungo strade urbane non di scorrimento
§ Nullità dell’accertamento effettuato su strada urbana non di scorrimento: in numerose occasioni la Corte di Cassazione ha ribadito e consolidato il principio in virtù del quale i comandi di polizia municipale possono nei centri urbani legittimamente utilizzare: a) autovelox mobili, solo se il loro impiego avviene alla presenza degli agenti accertatori; b) autovelox fissi in funzionamento automatico (cioè senza la necessaria presenza degli agenti accertatori), solo se posizionati in strade urbane a scorrimento, previa autorizzazione del Prefetto. Con l’ancor più recente sentenza n. 16622/2019, la Corte di Cassazione ha ulteriormente chiarito quale criterio adottare al fine di identificare con esattezza quelle “strade di scorrimento” su cui le postazioni fisse per il controllo della velocità possono essere legittimamente installate. I giudici della II sezione civile si sono addentrati tra le righe del Codice della Strada, per chiarire quali vie possono essere qualificate come “urbane di scorrimento”: l’articolo 2 del Codice della Strada, rubricato “Definizione e classificazione delle strade”, elenca infatti le caratteristiche che le stesse devono presentare per essere definite tali. Più in dettaglio, alla lettera “D” viene identificata come “Strada urbana di scorrimento” quella: “strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate”. Da tale definizione è scaturita la subordinata necessità di identificare con altrettanta certezza a quale elemento della sede stradale si debba far riferimento quando è utilizzato il termine banchina. Secondo il collegio di legittimità per banchina “deve considerarsi uno spazio all’interno della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza”. Consegue che, essendo la banchina pavimentata elemento comune a più categorie di strade, essa, per sua natura, si identifica con uno spazio avente tale precipua attitudine e, dunque, oltre a dover restare libero da ingombri, deve avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni, tenuto conto che anche la strada urbana di scorrimento è contraddistinta da un intenso flusso stradale veicolare ininterrotto per lunghi tratti e per la quale si profila, quindi, la stessa necessità di assicurare l’esistenza di fasce laterali in cui poter effettuare una sosta di emergenza o un transito pedonale. Discende, secondo gli stessi giudici, che la banchina appartiene alla struttura della strada e la sua relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione assimilabili a quelle che valgono per la carreggiata, in quanto anch’essa, in assenza di specifica segnalazione contraria e benché non pavimentata, deve suscitare negli utenti un affidamento di consistenza e sicura transitabilità. Dalla definizione fornita deriva che una banchina di ridottissima larghezza, non può considerarsi idonea a svolgere le riportate funzioni né, in generale, rispondente alle caratteristiche imposte dal Codice della Strada, ragion per cui la sua mancata conformazione a tali caratteristiche comporta l’insussistenza di un elemento essenziale per la qualificazione di una strada urbana come “di scorrimento”. Alla luce di tutte le suddette osservazioni si chiede che, nell’assolvimento del proprio onere probatorio, l’amministrazione opposta dimostri che la strada in cui era posizionato il misuratore di velocità fosse rispondente per le sue intrinseche caratteristiche strutturali ad una strada urbana di scorrimento, così come definita dall’art. 2, lettera D, del Codice della Strada.