Un’importante sentenza con cui il Giudice di Pace di Bari ribadisce l’obbligo del Comune di depositare in atti documentazione che testimoni la regolare taratura dello strumento di rilevazione automatica adottato (nel caso di specie velomatic 512). In assenza di taratura – secondo l’avviso del Giudice – risulerebbe altrimenti indebitamente compromesso il diritto alla difesa del cittadino, a cui l’infrazione non è contestata immediatamente. La mancata contestazione immediata deve, pertanto, necessariamente essere contemperata dall’utilizzo di strumentazione sul cui corretto funzionamento non possa sussistere alcun dubbio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE
SENTENZA – DISPOSITIVO
Franco Rosa, rappresentata e difesa dall’Avv. R Mascolo ricorrente
Contro
COMUNE DI BARI
Oggetto: opposizione a sanzione amministrativa.
Con ricorso depositato il 15.2.2005, l’istante si opponeva al verbale n. V 1118 reg. 83427/2004, elevato in data 13.12.2004 dalla Polizia Municipale di Bari per una presunta violazione dell’art. 142/8 del Codice della Strada.
Esponeva che l’infrazione, non contestata immediatamente, era stata accertata mediante rilevazione dell’apparecchio marca “ELTRAFF” mod. Velomatic 512 (103/B), munita di omologazione n. 2961 del Ministero dei LL.PP. del 27.11.1989.
Oltre alla sanzione pecuniaria di €. 137,55 le erano stati decurtati n. 2 punti dalla patente, in applicazione dell’art. 126 bis del C.d.S.
Deduceva più motivi di censura, tra cui l’uso illegittimo dello strumento di rilevazione della velocità, perché non munito della certificazione relativa alla c.d. taratura.
Nessuno si costituisce per il Comune di Bari che, peraltro, non provvedeva neppure alla trasmissione degli atti relativi all’accertamento, contestazione e notificazione della violazione, così come richiesti con l’ordinanza del 24.2.2005 di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti.
Sulle conclusioni rassegnate dall’opponente, la causa veniva decisa all’udienza del 6.7.2005.
Nell’immediato contraddittorio, infatti, il trasgressore viene posto in condizione di svolgere appieno la propria difesa ed eventualmente di far valere le buone ragioni.
L’omessa contestazione immediata, quindi, non può che determinare, inequivocabilmente, l’effetto estintivo dell’obbligazione di pagamento della sanzione amministrativa comminata, come più volte affermato dalla Cassazione, essendo strumentale alla piena esplicazione del diritto di difesa del trasgressore, nei cui confronti la limitazione del diritto di conoscere subito l’entità dell’addebito mossogli può essere giustificata solo in presenza di motivi che rendano “impossibile” tale contestazione immediata.
Anche nei casi prefissati dall’art. 384 del Regolamento del CdS, di impossibilità della contestazione immediata, devono essere esposti i motivi di tale impedimento.
Con la legge n. 214/2003, poi, il legislatore, novellando l’art. 201 con l’introduzione del comma 1 bis, ha previsto altri casi nei quali è possibile prescindere dalla contestazione immediata, definita ora “non necessaria”.
Ma tra queste ipotesi, però, assume una rilevante importanza quella prevista dal punto f) del citato comma 1 bis, perché afferisce alle moderne apparecchiature elettroniche di rilevazione, per la possibilità di essere utilizzate senza il presidio di agenti accertatori.
L’innovazione, così come introdotta dal DL 168/02, infatti, consente di installare apparecchiature per il controllo e l’accertamento delle infrazioni senza l’obbligo della presenza dell’organo accertatore e, quindi, senza l’obbligo della contestazione immediata, se dotate di omologazione ai sensi dell’art. 45 comma 6 del CdS.
A ben vedere, però, non risulta inficiato il principio sancito dall’art. 200 comma 1 del CdS, perché resta sempre l’obbligo inderogabile per la P.A. di indicare la causa che non ha consentito la contestazione immediata ricorrente nel caso di specie.
Così delineato il quadro normativo entro il quale si colloca la disciplina dell’obbligo della contestazione immediata, nell’ottica della tutela del diritto di difesa del cittadino, resta da vedere se con l’enorme diffusione delle apparecchiature elettroniche di controllo della velocità abilitate alla rilevazione senza la presenza dell’agente accertatore, si è di fatto escluso, a priori, la contestazione immediata e, quindi, se la sanzione amministrativa, scaturita solo da una rilevazione strumentale, può rientrare nei parametri della legittimità.
E’ vero che le apparecchiature elettroniche devono essere munite di una nuova omologazione (secondo le modifiche apportate dal D.L. 151/03) per poter eludere la presenza dell’operatore di polizia, ma ciò può non essere sufficiente a garantire il corretto accertamento della violazione.
Non deve apparire fuori luogo l’insegnamento della Suprema Corte quando ha inteso definire l’accertamento dell’infrazione, non quale “generica e approssimata percezione della commissione della violazione” ma quale risultato conseguente al compimento delle indagini finalizzate a verificare la sussistenza di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione (Cass. Civ. n. 2926/94).
In altre parole, la Suprema Corte ha inteso richiamare l’attenzione sulla necessità di svolgere un completo e rigoroso accertamento prima di contestare l’infrazione.
A questo punto c’è da chiedersi qual è la rilevanza probatoria degli accertamenti effettuati a distanza da uno strumento elettronico, sotto il profilo dell’inconfutabilità dei dati registrati.
La risposta a tale interrogativo, non può che essere riferita alla c.d. “taratura” dello strumento elettronico di rilevazione della velocità.
Non a caso, infatti, la legge 273/91 e le norme tecniche internazionali UNI 30012 avevano previsto l’obbligo di effettuare la taratura di tutti gli strumenti di misurazione compresi, ovviamente, il c.d. “velomatic”.
La taratura, infatti, quale “insieme delle operazioni che stabiliscono sotto condizioni specificate, le relazioni tra i valori indicati da uno strumento di misurazione, o da un sistema di misurazione, o i valori rappresentati da un campione materiale e i corrispondenti valori noti di un misurando”, rappresenta l’unico metodo con cui si può assicurare la riferibilità a campioni nazionali riconosciuti per legge e, quindi, l’unico modo per escludere la presenza di errori ricorrenti rispetto a tali campioni, durante il suo utilizzo.
Solo così è possibile assicurare uno standard accettabile di garanzia per il cittadino che, altrimenti, rischiava di essere compromesso dalle innovazioni introdotte dalle norme sopra richiamate.
La estrema delicatezza, poi, di detti strumenti elettronici, il cui funzionamento può essere alterato da numerosi fattori, quali l’urto, le eccessive vibrazioni, le cadute, l’esposizione a temperature superiori a 40 ° C e inferiori a – 10 ° C o ai campi magnetici o elettrici, comporta la necessità di procedure di verifiche periodiche per il mantenimento nel tempo della affidabilità metrologica degli strumenti di misura e ciò non solo per finalità di tutela della fede pubblica, ma anche per rientrare nei parametri della legittimità di cui si è parlato prima.
Se deve arguire, quindi, che non possono costituire fonti di prova i dati rilevati dalle apparecchiature se munite solo della omologazione, prevista dalle norme richiamate.
Se ritorniamo, per un attimo, ai principi della contestazione dell’infrazione nell’immediatezza del fatto, non può revocarsi in dubbio che ciò, comunque, consentiva un bilanciamento tra l’interesse pubblicistico alla prevenzione/repressione degli illeciti amministrativi e il principio della effettività del diritto di difesa del cittadino, mentre con l’automatico controllo attraverso uno strumento tecnico, tale diritto di difesa non è pienamente garantito, non avendo, il cittadino, a disposizione alcuno strumento di verifica dei risultati.
Nell’evidente asimmetria delle due posizioni in cui si vengono a trovare il cittadino da una parte e la Pubblica Amministrazione dall’altra, l’uso di apparecchiature elettroniche senza un presidio di agenti di polizia, cui poter rivolgere in prima istanza, una difesa e sollevare eccezioni, comporta l’inderogabile necessità che la rilevazione della velocità sia il risultato non solo di una procedura rigorosa, trasparente e controllabile – è bene sottolineare che la misurazione della velocità costituisce accertamento irripetibile – ma anche il frutto di un accertamento operato da una apparecchiatura elettronica ad alta affidabilità tecnica che non possa essere messa in alcun modo in discussione.
E’ opportuno rilevare, in ultimo, che la legge 273/91 ha previsto centri di taratura “SIT”, abilitati al rilascio del “certificato di taratura”, che a tutt’oggi non sono operativi.
Appare ovvio, poi, che spetti alla Pubblica Amministrazione fornire prova inconfutabile della sussistenza della violazione amministrativa in capo all’opponente.
Nel caso in esame, il Comune di Bari non ha inteso neppure contrastare l’opposizione della ricorrente.
Per tutte le considerazioni svolte, in mancanza di regolare certificazione di taratura, le risultanze scaturite dal velomatic 512, non possono essere considerate fonti di prova della violazione contestata.
Ritenuta, pertanto, fondata l’opposizione,
– accoglie l’opposizione e per l’effetto dichiara nullo il verbale impugnato, e tutti gli atti presupposti e collegati; condanna il Comune di Bari al pagamento delle spese di causa che liquida, in favore del difensore della ricorrente, anticipatario, in €. 150,00 di cui €. 90 per diritti, oltre IVA, CAP e spese generali.
E’ esecutiva.
Bari, 7.7.2005
Il Giudice di Pace
Avv. Giuseppe Frugis