Ricorso contro le cartelle esattoriali

cartella esattoriale

La cartella esattoriale è il documento emesso dal concessionario o agente della riscossione, per l’escussione coattiva di un tributo o una sanzione amministrativa. Affinché una pubblica amministrazione possa procedere direttamente all’escussione coattiva è necessario che abbia un titolo esecutivo giuridicamente valido per farlo. Per restare nell’ambito che ci riguarda, tale titolo sarà rappresentato dal verbale, la cui sanzione risulti non essere stata pagata dal debitore. Secondo la terminologia corrente, quando, infatti, una pubblica amministrazione riscontra l’omesso pagamento di una sanzione, il verbale diviene titolo esecutivo e viene iscritto nel così detto ruolo esattoriale. Quel che è peggio è che la cartella esattoriale riguarderà un importo di gran lunga superiore a quello del verbale, raggiungendo facilmente diverse centinaia o migliaia di euro. Ciò avviene poiché la sanzione, decorso il termine di sessanta giorni dalla notifica del verbale, sarà già raddoppiata nel suo ammontare e ad essa saranno da sommare gli interessi frattanto maturati oltre le spese amministrative sostenute dall’amministrazione per la formazione del ruolo esecutivo e la trasmissione dello stesso al concessionario.

Anche in questa sede, per circoscrivere la nostra indagine al campo giuridico evitiamo con un po’ di sforzo di dilungarci su disquisizioni che sarebbero lato sensu politiche e riguarderebbe l’eccessiva disinvoltura con cui le amministrazioni ricorrono agli strumenti dell’escussione coattiva perseguendo (e perseguitando) presunti debitori in ragione di titoli non validamente e legittimamente costituiti: il fenomeno è così largamente diffuso da aver originato l’espressione, entrata nel linguaggio corrente, “cartelle pazze”. Le cartelle esattoriali, che siano “pazze” o meno, impongono sempre a chi le riceve delle serie difficoltà nella risoluzione del problema, poiché gli importi di cui viene intimato il pagamento sono mediamente cospicui, perché decifrare una cartella esattoriale non è del tutto semplice, perché spesso è oggettivamente difficile risalire alle effettive ragioni di debito da cui esse derivano ed, in ultimo, poiché anche in sede di contestazione, le ragioni di opposizione verteranno su problematiche giuridiche maggiormente tecniche e complesse. A queste difficoltà cercheremo, nelle pagine a seguire, di offrire rimedio.

La cartella esattoriale è composta da più pagine. Nella prima pagina è indicata genericamente la natura e l’entità dell’ingiunzione, oltre che naturalmente ai dati identificativi del contribuente.

Nelle pagine successive viene sviluppato il cosiddetto dettaglio degli addebiti, in cui l’esattore indica:

  • l’ente creditore (ossia chi sia il titolare del credito portato dalla cartella, che ha trasmesso il ruolo esattoriale e si affida al concessionario del servizio di riscossione);
  • l’atto di cui si richiede il pagamento (ossia il numero di verbale e la data dell’infrazione, talvolta seguita anche dal numero di targa del veicolo).
  • L’indicazione analitica degli importi addebitati.

Gli importi addebitati sono infatti di diversa natura e comprendono:

  • la sanzione dovuta e non pagata, vale a dire il doppio della sanzione ridotta richiesta originariamente, ovvero la metà residua se il pagamento sia avvenuto oltre il sessantesimo giorno;
  • la maggiorazione prevista dall’art. 27 Legge 689/81 per omesso/ritardato pagamento;
  • le spese sostenute per l’emissione e la notificazione della cartella di pagamento.

Nelle successive pagine, la cartella deve recare indicazione delle modalità per il pagamento e per l’opposizione della cartella, oltre al nominativo del soggetto responsabile del procedimento di iscrizione al ruolo (un funzionario dell’Ente creditore), e del soggetto responsabile della redazione ed emissione della cartella (un funzionario dell’esattore).

L’omessa indicazione di ciascuno di tali elementi costituisce un vizio della cartella da poter eccepire in sede giudiziale.

L’avviso bonario e lo sgravio in autotutela

Generalmente l’ente creditore, prima di consegnare i ruoli al proprio esattore, dovrebbe notificare al contribuente un avviso bonario di pagamento, nel quale si informa il destinatario della sussistenza del presunto debito e lo si invita a saldare la propria posizione o a comprovare il fatto che la richiesta sia illegittima, al fine di evitare l’iscrizione al ruolo e l’emissione della cartella. Tuttavia, alcuna norma prescrive obbligatoriamente a carico dell’amministrazione l’onere di notificare l’avviso bonario, per cui l’omesso avviso non è annoverabile tra quelle motivazioni da cui poter far dipendere l’illegittimità del procedimento di escussione che avrà formalmente inizio solo con la notifica della cartella di pagamento. Parimenti, proprio poiché non obbligatorio, lo stesso avviso non è atto suscettibile di opposizione giudiziale, anche nel caso in cui dovesse contenere errori formali od omissioni.

Lo scopo dell’avviso (che proprio per questo viene definito “bonario”) è quello di favorire una soluzione extragiudiziale della vertenza, informando per un’ultima volta il debitore dell’esposizione pendente a suo carico, prima che essa vada incontro ad ulteriori aggravi conseguenti al maturare degli interessi e alle ulteriori attività che verranno compiute secondo l’iter del procedimento giudiziario. Così, a seguito della notifica dell’avviso, il contribuente potrà valutare se saldare quanto dovuto o, viceversa, rendere alla pubblica amministrazione quelle informazioni sulla base delle quali egli ritiene che gli importi richiesti non siano addebitabili a suo carico. Proprio affinché il contribuente possa verificare la fondatezza della pretesa vantata dalla pubblica amministrazione, è necessario che l’avviso bonario contenga la precisa indicazione del titolo esecutivo in base al quale procederà all’escussione coattiva. Restando nell’ambito di cui ci stiamo occupando, tale titolo potrà essere rappresentato da un verbale relativo ad una infrazione al Codice della Strada, pertanto, il contribuente potrà ritenere infondata la pretesa, per il caso in cui ricorra una delle seguenti ipotesi:

  • Il contribuente ha già ottemperato al pagamento della sanzione;
  • Il contribuente ha sollevato opposizione con esito positivo avverso il verbale;
  • Il contribuente ha sollevato opposizione avverso il verbale innanzi al Giudice di Pace e questi, nelle more del giudizio, ha sospeso la provvisoria esecutività della sanzione;
  • Il contribuente verifica che la notifica del verbale risulta essere avvenuta presso un luogo diverso dalla sua residenza.

Cosa può fare il contribuente che sulla base di una di queste precedenti ipotesi ritenga che il titolo esecutivo a suo carico non si sia validamente costituito? Come già detto non potrà presentare ricorso (poiché siamo ancora in una fase extragiudiziale ed il preavviso non è quindi suscettibile di opposizione), ma potrà inviare all’ente impositore e al concessionario del servizio di riscossione una richiesta di “sgravio in autotutela”, in cui siano motivate le ragioni delle proprie doglianze e siano allegate tutte le prove documentali disponibili (ad esempio il bollettino di pagamento della sanzione o il provvedimento di sospensione emesso dal giudice di pace). È possibile che tali prove documentali non siano nell’immediata disponibilità del debitore, ed è il caso, ad esempio, in cui si voglia verificare che tutti gli atti prodromici del procedimento siano stati correttamente notificati al debitore secondo le ritualità previste dalla legge. In tali ipotesi, l’ingiunto dovrà esercitare il suo diritto di accesso agli atti, chiedendo di poter estrarre copia della relata di notifica del verbale per verificare e poter dimostrare di non essere mai venuto formalmente a conoscenza dell’intimazione di pagamento.

L’Amministrazione, è bene dirlo, per legge non ha né termini di risposta, né onere di risposta, talché qualora non sia emesso alcun provvedimento di annullamento, il passo successivo sarà attendere la cartella di pagamento e procedere giudizialmente per farla annullare.

La prescrizione della cartella esattoriale

La prescrizione è un particolare istituto giuridico che comporta l’estinzione di un diritto nel caso in cui esso non sia stato esercitato dal suo titolare tempestivamente, ovvero entro un determinato arco temporale determinato dalla legge. La ratio dell’istituto è quella di dare certezza alle situazioni giuridiche e non lasciarle, quindi, indefinitivamente pendenti.
Così anche il diritto della pubblica amministrazione ad ottenere il pagamento della sanzione è soggetto a prescrizione se non esercitato entro il termine di cinque anni dalla data della contestazione dell’infrazione ovvero dalla data di notifica del verbale.

C’è un secondo termine prescrittivo a cui fare attenzione: la Legge Finanziaria 2008 ha, infatti, disposto che le cartelle di pagamento debbano essere emesse entro 2 anni da quando il ruolo esattoriale è divenuto esecutivo, ossia da quando esso sia stato iscritto e consegnato al Concessionario. Per questo ogni cartella di pagamento deve indicare la data di esecutività del ruolo nel dettaglio degli addebiti.

È opportuno chiarire che una cartella prescritta (perché notificata oltre cinque anni dall’infrazione o comunque oltre i due anni dall’iscrizione al ruolo) non è automaticamente nulla, ma deve essere annullata o a mezzo di una richiesta di sgravio in autotutela (così come precedentemente illustrato) o attraverso un’azione giudiziale di opposizione (come sarà spiegato successivamente).
La prescrizione, infatti, non opera di diritto, ma è un’eccezione che deve sollevare il contribuente, il quale per legge può anche rinunciare a farla valere.
Quando, invece, si riceve un atto della procedura esattoriale successivo alla cartella (sollecito, intimazione, diffida, iscrizione fermo o ipoteca come si spiegherà meglio dopo) la prescrizione è quella ordinaria di 10 anni, quindi essa invale unicamente qualora tra la cartella e l’atto successivo siano decorsi, appunto, dieci anni.

L’omesso pagamento della cartella esattoriale

Se una cartella di pagamento non viene né saldata, né opposta (secondo le modalità che vedremo successivamente) nei termini di legge, la procedura esecutiva procede a danno del cittadino.
Nel caso in cui i debitore non effettuasse il pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella continueranno a maturare a suo carico gli interessi, secondo il tasso legale, fino alla data dell’effettivo soddisfo.

Potenzialmente a seguito della notificazione della cartella di pagamento, l’esattore – trascorsi i 60 giorni di tempo per il pagamento – ha diritto ad agire esecutivamente a danno del contribuente, attraverso gli ordinari rimedi dell’esecuzione forzata, ovvero effettuando pignoramenti mobiliari, immobiliari o presso terzi. La procedura esecutiva dovrà essere intrapresa entro un anno, decorso il quale l’esattore dovrà notificare un nuovo atto di pagamento. Secondo la prassi generalmente seguita, in caso di omesso pagamento, il Concessionario del servizio di Riscossione notificherà al debitore un sollecito di pagamento ed una intimazione, per poi dare corso alla procedura di tutela e garanzia del proprio credito, trascrivendo ipoteca su un bene immobile del contribuente oppure procedendo al fermo amministrativo di un veicolo.
Mentre l’ipoteca è comunicata successivamente alla sua iscrizione, il fermo viene sempre preceduto dal cosiddetto preavviso di fermo amministrativo con il quale l’esattore richiede il pagamento della somma dovuta nel termine di 20 giorni, pena l’iscrizione preavvisata al Pubblico Registro Automobilistico (PRA).
Il veicolo sottoposto a fermo amministrativo non può circolare, non è commercializzabile e non è coperto da garanzia assicurativa in caso di sinistri. La circolazione del veicolo sottoposto a fermo amministrativo è punita con la confisca del bene.

A seguito dell’ipoteca e del fermo l’esattore può procedere al pignoramento del bene ipotecato o sottoposto a fermo amministrativo.
Solleciti di pagamento, intimazioni di pagamento, diffide di pagamento, comunicazioni di ipoteche e preavvisi di fermo amministrativo devono sempre indicare dettagliatamente gli atti (cartella di pagamento e verbale in forza del quale la cartella è stata emessa) a cui si riferiscono.
Anche questi atti, quindi, devono contenere il cosiddetto dettaglio degli addebiti, che permette al contribuente di verificare se effettivamente è stato destinatario in passato delle notifiche della cartella e, ancora prima del verbale, e quindi capire se la richiesta sia legittima o meno.
Il preavviso di fermo amministrativo deve, inoltre, contenere l’indicazione del veicolo (o dei veicoli) su cui viene intimata l’iscrizione del fermo amministrativo e la relativa targa.
La comunicazione di iscrizione ipotecaria, infine, deve indicare gli estremi catastali dell’immobile ipotecato.

Come contestare una cartella esattoriale

Non è un caso raro che l’azione esecutiva promossa dal concessionario del servizio di riscossione sia inficiata da vizi attinenti alla cartella di pagamento, o ad un qualsiasi successivo atto della procedura posta in essere dal Concessionario.

Se, infatti, in passato si riteneva opponibile unicamente la cartella di pagamento, ad oggi l’evoluzione della materia, scandita da numerose e sostanziose pronunce della Corte di Cassazione, consentono di agire anche successivamente alla cartella di pagamento, addirittura oltre il termine di legge di 30 giorni.

Le azioni che il contribuente potrà esercitare sono le seguenti:

Esse si possono incardinare non alternativamente, ma ciascuna in funzione delle specifiche doglianze che si intenderà sollevare.

Consigli utili

Per concludere ed in sintesi, ecco qualche piccolo consiglio pratico da non trascurare:

  • quando si riceve un verbale per un’infrazione al codice della strada è necessario conservare tutta la documentazione per almeno dieci anni, fino a quando non si sarà definitivamente prescritto il credito dell’amministrazione per la riscossione della sanzione: sarà quindi necessario conservare il verbale, la ricevuta del bollettino di pagamento o la documentazione relativa alla fruttuosa opposizione;
  • per risalire alla ragione del presunto debito vantato dall’amministrazione, ci si può rivolgere agli sportelli del concessionario chiedendo un estratto della propria esposizione debitoria ed il dettaglio di ogni eventuale pendenza;
  • per ogni incertezza circa l’effettiva avvenuta notifica di verbali o ingiunzioni, si potrà esercitare il diritto di accesso agli atti, così da poter preventivamente esaminare la relata di notifica redatta dal messo notificatore ed appurare se la stessa sia stata eseguita nel rispetto delle formalità prescritte dalla legge;
  • contattare immediatamente il proprio legale di fiducia, considerando che il termine per l’opposizione è di soli 30 giorni (nel caso del ricorso ex lege 689/81) o 20 giorni (per l’opposizione agli atti esecutivi);
  • non trascurare mai di ritirare atti lasciati in giacenza presso la Casa Comunale, perché la notifica si perfezionerà ugualmente anche in caso di mancato ritiro.

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