L’ignoranza della legge riguardo le multe

Costituisce un principio di diritto che viene insegnato a ogni soggetto che si avvicina al diritto da studioso o semplice appassionato, la locuzione latina “ignorantia legis non excusat”.
Assume, ossia, valore di principio scolastico – diremmo scontato e di pubblico dominio – la considerazione che l’aver ignorato la vigenza di una disposizione normativa, non impedisce a colui il quale l’ha effettivamente violata di soggiacere alla sanzione che ne consegue.
Del resto, tale principio è elaborato ed elevato a norma di diritto dall’art. 5 c.p., il quale inequivocabilmente sancisce che “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”.

Orbene, è utile significare a colui il quale non è operatore di diritto e, per l’effetto, non si addentra quotidianamente nel mondo giuridico, che tale principio non ha valore universale e che la giurisprudenza è intervenuta nel tempo a mitigare quanto disposto dalla riferita norma.

Di fondamentale importanza è, al riguardo, la sentenza 24.3.1988 n. 364, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 c.p. nella parte in cui non esclude dalla inescusabilità dell’ignoranza normativa, la c.d. ignoranza inevitabile. In buona sostanza, l’Organo di verifica della legittimità normativa ha reputato che l’ordinamento non ha alcun motivo di punire colui che, pur avendo posto in essere un fatto meritevole di irrogazione di pena, non gli possa esser portato alcun rimprovero, neppure di semplice leggerezza.
E’ bene rilevare che tale principio è di stretta attualità nella materia delle sanzioni amministrative, essendo essa – per così dire – parapenalistica.
A tal riguardo, concorre a corroborare il principio della rilevanza giuridica del c.d. principio della ignoranza inevitabile del precetto di legge, quanto sancito dall’art. 3 della Legge n. 698/81, che è intervenuta a regolamentare il vasto ambito delle sanzioni amministrative, nel momento in cui queste hanno subito il processo di depenalizzazione.

Tale previsione normativa regolamenta la rilevanza dell’elemento soggettivo, dichiarando al secondo comma che l’agente che ha svolto una condotta antigiuridica, non ne è responsabile quando è dipesa da errore sul fatto. In buona sostanza, ogni qualvolta l’agente possa dimostrare di aver posto in essere un dato atteggiamento contrario all’ordinamento, per “responsabilità” dell’ordinamento stesso, lo stesso non può e non deve essere condannato alla sanzione conseguente.

Appare evidente l’enorme rilevanza che tale principio riveste nell’ambito della sempre più attuale tematica delle sanzioni amministrative, offrendo un motivo di opposizione di portata straordinaria. Chiaramente è regola fondamentale del diritto individuare i criteri entro i quali poter considerare applicativo un determinato principio e, indi, è necessario stabilire i limiti entro i quali far operare un’innovazione così “detonante”. In particolare, affinchè il Giudicante possa considerare inevitabile l’ignoranza legislativa e, per l’effetto, conceda l’assoluzione del reo (il che nell’ambito delle sanzioni amministrative equivale all’accoglimento dell’opposizione e all’annullamento della sanzione opposta) è necessario fare riferimento a un criterio oggettivo: la norma, ossia, deve considerarsi come irriconoscibile da parte della generalità della collettività sociale. A ciò deve aggiungersi che è necessario gradare la rilevanza dell’ignoranza inescusabile in relazione alle conoscenze e alla “tecnicità” del soggetto, il quale potrebbe essere in possesso di conoscenze o “status” che possano permettergli una preferenziale conoscenza legislativa e, indi di contro, un’inescusabilità della dedotta ignoranza normativa.

La stessa ignoranza, inoltre, può essere desunta da fattori insiti allo stesso ordinamento, quali, soprattutto, una costante contraddittorietà tra pronunce giurisdizionali o da un’oggettiva oscurità della formulazione legislativa. È utile, quindi, richiamare una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (n. 25912 del 9.6.2004), che esemplifica gli ambiti di rilevanza dell’ignoranza scusabile, affermando che la stessa sarà sempre invocabile qualora il cittadino comune, sfornito di specifiche competenze, abbia assolto il dovere di conoscenza l’ordinaria diligenza attraverso una corretta utilizzazione dei mezzi di informazione, di indagine e di ricerca dei quali disponga.
Sia permesso, in conclusione, un caso pratico di rilevanza dell’ignoranza inevitabile del precetto di legge, nell’ambito delle sanzioni amministrative.

Il Signor Tizio, di Torino, si reca in vacanza a Roma e varca un passaggio ZTL, subendo la relativa sanzione.
Orbene, laddove in loco non vi fosse stata la segnaletica che avvisasse la presenza dal “varco ZTL” o la stessa fosse stata di difficile consultazione, perché celata o di ardua interpretazione, in tale caso sarebbe ipotizzabile la vigenza dell’ignoranza scusabile del precetto di legge.

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