Giudice di Pace di Torino Sent. n. 1193 del 20 marzo 2001

GIUDICE DI PACE DI TORINO

Sez. V, 20 marzo 2001, n. 1193.

Est. Soriente – Testa c. Comune di Torino – Corpo di Polizia municipale.

Svolgimento del processo. – Con ricorso depositato in cancelleria in data 5 dicembre 2000 la signora Testa Rita proponeva tempestivamente opposizione avverso i provvedimenti amministrativi indicati in oggetto, sostenendo con diffuse argomentazioni e deduzioni l’infondatezza della contestazione di cui al verbale citato contenente applicazione di sanzione amministrativa per eccesso di velocità del veicolo condotto dalla ricorrente, violazione rilevata a mezzo di apposita apparecchiatura denominata. “Telelaser”.

Il giudicante, disposta con ordinanza, ai sensi dell’art. 22 legge 689/81, la provvisoria sospensione del provvedimento accessorio del ritiro della patente di guida, fissata con decreto udienza di comparizione delle parti.

A tale udienza, il Il febbraio 2001, sì costituivano la ricorrente ed il Comando di Polizia Municipale, mentre rimaneva contumace il Prefetto di Torino, che si limitava ad inviare a mezzo fax propria documentazione.

La parte ricorrente esponeva i motivi del ricorso richiamandosi alle osservazioni già esposte nel documento depositato in cancelleria, in particolare rilevando che il controllo della velocità dei veicoli a mezzo dell’apparecchiatura “Telelaser” in una situazione di traffico intenso, non poteva ritenersi affidabile, poiché tale dispositivo elettronico non consente di poter verificare ex post la sussistenza della violazione “in modo chiaro ed accertabile”, come prescrive l’art. 345, comm 1, del Regolamento di attuazione del codice della strada.

Il Comando di Polizia Municipale di Torino dal canto suo teneva ferme sul punto le argomentazioni già svolte nella comparsa di risposta depositata, ponendo in evidenza che l’apparecchiatura utilizzata nel caso concreto, denominata “Telelaser LT 2020”, rilevata la velocità del veicolo in avvicinamento, rilascia poi apposito scontrino con i dati relativi alla velocità, al giorno e ora della violazione, mentre risultano successivamente annotati sullo scontrino dall’Agente operatore i dati relativi al luogo, al veicolo ed alla targa.

L’udienza veniva quindi rinviata una prima volta per provvedere alla escussione dell’Agente operatore che aveva rilevato e contestata la violazione e per consentire alla parte resistente di produrre, su richiesta del giudice, le note tecniche relative alla apparecchiatura Telelaser utilizzata.

All’udienza del 7 febbraio 2001, venivano prodotte le note richieste e veniva escusso l’Agente operatore, Cassano Michelangelo, che con ampia e circostanziata deposizione, cui si rimanda, riferiva sia delle caratteristiche dell’apparecchiatura denominata Telelaser LT 2020, sia delle modalità operative relative all’utilizzo dell’apparecchiatura stessa, sottolineando l’alta affidabilità del rilevamento fornito dal telelaser adoperato nella circostanza. Sulle operazioni successive al rilevamento della velocità a mezzo dell’apparecchiatura riferiva che “una volta rilevato l’eccesso di velocità relativo al veicolo puntato con il Telelaser, comunico al collega di pattuglia di fermare fl veicolo indicandone il modello e la marca e la posizione, cioè se è in corsia interna, esterna o centrale; non comunico, poiché non sono in grado, il numero di targa, però poi verifico che la vettura fermata sia quella che io avevo inquadrato nella apparecchiatura”.

Per completezza d’istruttoria il giudicante riteneva a questo punto la necessità di una verifica in concreto delle modalità di funzionamento dell’apparecchiatura denominata Telelaser LT 2020, da effettuarsi sul luogo della commessa violazione, disponendo per tale adempimento, ai sensi degli artt. 258 e 261 del codice dì procedura civile.

Effettuato il riscontro ammesso, con annotazione dell’esito in apposito verbale agli atti, il giudicante rinviava la causa al 7 marzo 2001 per le precisazioni delle conclusioni, autorizzando le parti al deposito eventuale all’udienza stessa di brevi note difensive.

A tale data la parte ricorrente precisava le proprie conclusioni richiamando sia quelle del ricorso sia le ulteriori argomentazioni ed osservazioni formulate nella memoria depositata, tutte rivolte ad ottenere l’annullamento della sanzione amministrativa irrogata mediante il verbale di contestazione e dei conseguente provvedimento accessorio della sospensione della patente di guida. La parte resistente costituita concludeva invece a verbale d’udienza, chiedendo nel merito la conferma integrale della validità del verbale per la somma portata di lire 1.212.000, ai sensi dell’art. 203, comma 3 c.d.s., con la revoca dell’ordinanza di sospensione della misura accessoria con i provvedimenti conseguenti e spese a favore del Comune di Torino.

Di seguito, il giudice, vista la memoria depositata dal ricorrente, preso atto delle conclusioni formulate a verbale d’udienza dalla parte resistente, visti gli atti di causa, esaminata la copiosa documentazione prodotta, visto il verbale dell’ispezione, pronunciava sentenza dando lettura del dispositivo in calce trascritto.

Motivi della decisione. – Preliminarmente deve dichiararsi la regolarità della vocatio in ius sia del Comune di Torino (Corpo di Polizia Municipale), sia del Prefetto di Torino, poiché il ricorrente ha impugnato nel ricorso il materiale provvedimento accessorio del ritiro della patente di guida, di fatto applicato ancorché in assenza dell’ordinanza di rito, sia, con integrazione delle conclusioni in calce al ricorso notificato, il verbale emesso dal Comando di Polizia Municipale del Comune di Torino.

Nel merito deve dirsi che dalle risultanze istruttorie emergono elementi contrastanti e non sufficienti in ordine all’efficacia della prova della violazione, per cui, nel caso concreto, deve ritenersi applicabile il dodicesimo comma dell’art. 23 della L. 24 novembre 1981 n. 689, dichiarando che non vi è prova sufficiente della responsabilità dell’opponente.

Deve osservarsi che le tesi difensive della ricorrente sono incentrate sulle caratteristiche operative dell’apparecchiatura utilizzata dagli Agenti il 30 novembre 2000 nel rilevamento della trasgressione attribuita all’opponente, denominata “Telelaser LTI 2020”, le quali, in presenza di particolari condizioni di traffico, non consentirebbero al trasgressore alcuna verifica ex post della sussistenza stessa della violazione.

La ricorrente in particolare ha contestato che tale apparecchiatura sia strumento idoneo a fornire all’operatore, al presunto trasgressore e, se del caso, al giudice dell’opposizione, garanzie sufficienti di un utilizzo scevro da errori di puntamento e di individuazione dell’effettivo autore della violazione.

In effetti dall’escussione del teste Cassano e dalla verifica poi del funzionamento dell’apparecchiatura in questione, effettuata proprio sul luogo della commessa violazione scaturiscono le seguenti considerazioni:

– il luogo del controllo è un grande corso cittadino, non tra i più importanti o centrali, ma con tre corsie per ogni senso di marcia e con discreti flussi di traffico, ovviamente nelle ore diurne (l’infrazione è stata rilevata alle ore 10,50 di un giorno feriale, l’ispezione è avvenuta alle ore 12,00 di un giorno feriale);

– l’affidabilità dell’apparecchiatura deve ritenersi accertata, poiché (è emerso nella verifica/ispezione) il Telelaser LTI 2020 se non correttamente puntato e fermo segna errore;

_ le modalità di impiego dell’apparecchiatura (con dimostrazione a cura dell’operatore Cassano, lo stesso Agente che ha operato il rilevamento della trasgressione) debbono essere ritenute di agevole apprendimento ed anche il coordinamento delle due fasi dell’accertamento, quella propria dello strumento elettronico e la successiva del fermo del veicolo (a cura di un secondo agente affiancato all’operatore) deve ritenersi agevole in generale, sebbene non completamente scevro da possibili errori, in condizioni di traffico intenso. Difatti lo stesso Agente Cassano, l’operatore che il impugnava il Telelaser, nella sua deposizione ha riferito: “Non comunico (all’agente affiancato con la paletta regolamentare preposto a fermare i veicoli), poiché non sono in grado, il numero di targa, però poi verifico che la vettura fermata sia quella che avevo inquadrata nella apparecchiatura”.

Tuttavia, posto che non vi è alcuna riserva sulla professionalità e correttezza degli Agenti preposti al rilevamento con tale strumento, la circostanza che rimane insoluta al termine dell’istruttoria è una questione di mero diritto, che deve essere affrontata sulla base della interpretazione che vogliamo dare alla norma che il legislatore ha dettato per la costruzione delle apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità: l’art. 345 del Regolamento di attuazione al codice della strada.

La verifica del funzionamento del “Telelaser LTI 2020” ha permesso di constatare che tale apparecchiatura, sostenuta ad altezza regolabile da terra da un piede metallico ed appoggiata alla spalla dell’operatore mediante un’appendice del tipo calcio di fucile, dopo aver inquadrato nel display il veicolo in avvicinamento, ne rileva la velocità quando l’operatore preme un apposito grilletto, e stampa poi uno scontrino con la velocità, la distanza del rilevamento, la data e l’ora, ma non è in grado ovviamente di indicare a quale veicolo tale rilevamento si riferisca; per cui l’operazione va integrata con l’intervento dell’Agente addetto al Telelaser che dovrà impartire disposizioni al secondo Agente per il fermo del veicolo e quindi annotare successivamente il luogo, il tipo di veicolo, il numero di targa ed il numero dell’operatore.

La parte resistente sulle contestazioni mosse dalla ricorrente ha eccepito, richiamando il contenuto di una pronuncia della Corte di cassazione (n. 7276/2000), affermando “che l’efficacia probatoria dello strumento rilevatore di velocità dura sino a quando non risulti accertato nel caso concreto il difetto di costruzione sulla base appunto di circostanze allegate e debitamente provate dall’opponente”.

Deve osservare al riguardo il giudicante che il motivo principale ed assorbente dell’opposizione della ricorrente non è sul difetto di costruzione dell’apparecchiatura in concreto utilizzata il 30 novembre 2000 dalla pattuglia, ma si riferisce al fatto più generale riguardante le caratteristiche tecniche del Telelaser LTI 2020, le cui modalità di funzionamento non sarebbero tali da assicurare che l’autovettura inquadrata nel display sia poi effettivamente quella fermata dagli Agenti; l’automobilista si troverebbe così esposto al rischio di errore dell’agente operatore o dell’agente accertatore (il secondo uomo della pattuglia), il quale, in buona fede, potrebbe fermare in condizioni di consistente traffico un veicolo diverso da quello contro il quale era stato puntato il Telelaser.

In particolare la ricorrente osserva che il Telelaser in questione non presenterebbe i requisiti prescritti dall’art. 345 del Regolamento di attuazione al codice della strada, il quale, come è noto, al comma 1 prevede testualmente che “le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell’utente”.

La questione che si pone dunque è nello stabilire se i requisiti e le caratteristiche del Telelaser LT1 2020 siano conformi alle disposizioni della norma citata dopo aver interpretato portata e significato delle espressioni usate dal legislatore quando prevede uno standard costruttivo delle apparecchiature idoneo a fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile.

Sul tema il giudicante deve dire che, per tutto quanto è emerso in istruttoria, condivide pienamente le tesi disposte di recente dal Tribunale di Padova con una interessante pronuncia su identica questione, ritenendo con il giudice di merito citato che “dall’utilizzo del verbo “fissare” traspare la preoccupazione del legislatore che la velocità rilevata sia fissata, cioè resa ferma, certa, verificabile, come accade per l’espressione “in modo chiaro ed accertabile””.

Posto che “”accertabile” deriva sempre da “certo” e significa verificabile, esaminabile, controllabile, riscontrabile, documentabile in modo oggettivo”, dobbiamo ritenere dunque che un rilevamento “”accertabile” è pertanto qualcosa di oggettivamente verificabile, vale a dire di verificabile da parte di chiunque, compreso il presunto trasgressore”; per cui “la ratio della norma è pertanto quella di consentire il contraddittorio dell’interessato e di garantire la verificabilità oggettiva della misurazione della velocità, nel senso che al fine di accertare con precisione scientifica la velocità di un mezzo, il legislatore intende prescindere da qualsiasi valutazione soggettiva. Ciò all’evidente scopo di evitare errori”; con la necessità e l’onere per la P.A. di dover provvedere affinché “la misurazione della velocità avvenga con mezzi scientifici, che forniscano dati verificabili” (Trib. Padova 12 luglio 2000).

Nel merito della contestazione appaiono altresì esaurienti e perfettamente condivisibili le ulteriori ragioni svolte dal Giudice di Padova, il quale ha osservato che “il citato art. 345 c.d.s. esige che l’apparecchiatura fissi la velocità in modo chiaro ed accertabile, vale a dire in modo scientifico, verificabile oggettivamente da parte di chiunque, incluso il presunto trasgressore. Se così non fosse, non si vede a che cosa dovrebbe servire l’utilizzo di una apparecchiatura, se non ad evitare errori di percezione dell’agente.

Non sembrerebbe possibile sostenere, come taluno potrebbe fare, che “siccome la norma si riferisce testualmente solo alla velocità (fissando la velocità… in modo chiaro ed accertabile), allora sarebbe sufficiente che solo la velocità fosse oggettivamente verificabile, e non anche il veicolo concreto a cui essa si riferisce” poiché deve ritenersi che “il dato della velocità, non correlato con certezza-verificabilità ad un certo veicolo, non ha alcun significato, potendo riferirsi ad un diverso veicolo. La certezza-verificabilità o riguarda la velocità associata ad un determinato veicolo, oppure non riguarda nulla”.

Per concludere appare ancora significativo riportare le argomentazioni finali del Giudice di Padova sulla espressione di chiusura del primo comma dell’art. 345 del Regolamento c.d.s., l’inciso: “tutelando la riservatezza dell’utente”, sul quale il tribunale osserva che “anche tale espressione conferma che il legislatore ha richiesto un riscontro oggettivo, vale a dire documentale, della misurazione della velocità tenuta da un determinato veicolo. Proprio perché ha richiesto un riscontro siffatto, verosimilmente di tipo fotografico, lo stesso legislatore si preoccupa che tale riscontro sia effettuato e conservato in modo da tutelare la riservatezza dell’utente”.

In tal senso è il convincimento del giudicante relativamente al ricorso sottoposto al suo esame, che, per questi motivi, facendo proprie le osservazioni del Giudice di Padova, deve essere accolto ai sensi del dodicesimo comma dell’art. 23 della L. 24 novembre 1981 n. 689, poiché, accertato il fatto che l’apparecchiatura Telelaser utilizzata nel caso concreto non possiede, per difetto di costruzione, le caratteristiche operative previste dall’art. 345 del Regolamento al codice della strada, deve ritenersi non sufficiente la prova fornita relativa alla violazione che ha portato alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al verbale opposto.

Conseguentemente il verbale stesso deve essere annullato, unitamente al provvedimento sanzionatorio accessorio del ritiro della patente di guida. Vi sono giusti motivi per ritenere che nel caso concreto le spese di lite vadano integralmente compensate. (Omissis).

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