La Cassazione ha recentemente avuto occasione di esprimersi sull’argomento, con la sentenza 9951/2015.
Il caso concreto riguardava una multa per accesso in zona a traffico limitato, contro cui l’automobilista aveva presentato ricorso sostenendo di aver diritto a non rispettare il divieto, in quanto invalido civile.
la produzione di documenti falsi in un processo integra, infatti, certamente ipotesi delittuose, che la Cassazione, con la sentenza 9951 del 2015, ha specificamente qualificato. La Corte viene chiamata in causa con un ricorso presentato dal Pubblico Ministero diretto all’eliminazione della sentenza di primo grado che, analizzando il caso di un automobilista che aveva esibito documenti attestanti una falsa invalidità al fine di entrare nella zona limitato al traffico limitato di un centro città, aveva ritenuto non sussistente l’ipotesi della truffa ai danni del Comune quanto piuttosto il delitto di falso in scrittura privata.Rigettando il ricorso, con cui si tendeva a qualificare diversamente la condotta truffaldina, la Corte di cassazione ha confermato il suo orientamento tradizionale in merito. Partendo dall’assunto in base al quale, per configurare il reato di truffa, nel caso in cui il soggetto raggirato sia diverso dal soggetto danneggiato, occorre che fra i due sussista un rapporto di rappresentanza legale in base al quale il soggetto che subisce il comportamento lesivo possa incidere giuridicamente sul patrimonio del rappresentato.
Di conseguenza non è configurabile la truffa quando gli artifizi o i raggiri influenzino un organo che esercita un potere di natura pubblicistica poiché viene a mancare la possibilità che il truffato eserciti poteri di disposizione patrimoniale analoghi a quelli di un soggetto privato.
Questa interpretazione non si discosta dal consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale va esclusa la configurabilità del reato di truffa quando il soggetto indotto in errore adotti un provvedimento che sia esplicitazione di un potere di natura pubblicistica. Rimane invece configurabile il reato di falso in scrittura privata, disciplinato dall’art. 485 c.p. che recita “chiunque al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma in tutto o in parte una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne facciano uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni”. Questo principio è stato infatti precedentemente ribadito dalla Corte di Cassazione, II Sezione Penale, il 18 aprile 2002 con sentenza n. 21868 e il 24 marzo 2009 con sentenza 17472.
Non si tratta di truffa, quindi, ma pur sempre di falso in scrittura privata. Occhio: presentate ricorso solo se avete le carte in regola per farlo. Prodursele in casa può costare comunque molto più della multa!