Infatti il colpevole stato di disattenzione del motociclista danneggiato è un elemento sufficiente ad interrompere il nesso tra la causa del danno ed il danno medesimo, divenendo a sua volta la causa determinante dell’incidente.
In questo ambito la circostanza oggettiva che il danneggiato non si avveda di una situazione potenzialmente pericolosa, ma visibile secondo criteri di carattere generale, evidenzia uno stato di disattenzione che pregiudica la pretesa risarcitoria. Tale il principio espresso dalla Corte di Cassazione con Sentenza n. 4233 del 3 marzo 2015.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto non censurabile la decisione emessa dalla Corte di Appello con la quale veniva confermato il rigetto dalla domanda di risarcimento avanzata da un motociclista nei confronti di una amministrazione comunale in seguito alle lesioni riportate ed ai danni materiali al mezzo di trasporto provocati dalla caduta causata da una larga buca piena d’acqua ghiacciata presente sul manto stradale.
Vediamo infine qual è il principio generale che regola la problematica, ossia l’art. 2051 c.c.: “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia salvo che provi il caso fortuito”. Viene di fatto messo in evidenza il ruolo del custode (nel nostro caso il comune che gestisce il tratto di strada in cui si è formata la buca) ossia di colui che ha il potere di vigilanza e controllo sulla cosa custodita.
L’ipotesi disciplinata dalla norma sussiste quando la cosa presa in custodia produca da sola un danno a terzi. Se invece il danno cagionato derivi da opera compiuta dall’uomo – ad esempio buca “riformatasi” dopo un intervento ripartivo eseguito dall’amministrazione comunale – si applica la previsione generale dell’art. 2043 c.c. con tutte le conseguenze che ne derivano in ordine al regime della prova liberatoria.