Ordinanza 2857/20025: la Cassazione e l’omologazione degli autovelox

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Ordinanza della Corte di Cassazione 2857/2025: ancora sull’omologazione degli autovelox

Riportiamo qui di seguito il testo integrale dell’ordinanza della Corte di Cassazione 2857/2025, con cui nuovamente si sfiora il tema della differenza tra omologazione e approvazione degli autovelox.

Omologazione degli autovelox: l’orientamento consolidato

Per chi avesse perso le puntate precedenti, basti ricordare che dopo una lunghissima gestazione, la Corte di Cassazione ha dato alla luce una serie di sentenze con cui è stato scolpito nella pietra quel principio che già numerose pronunce di merito avevano consolidato: i verbali per eccesso di velocità sono nulli, quando la rilevazione dell’infrazione è avvenuta con autovelox non omologati ma semplicemente approvati.

Con l’ordinanza qui in commento, tuttavia, la Suprema Corte, per non farci mancare nulla, pare nuovamente tornare dell’opinione opposta, nella parte in cui rigetta la fondatezza del ricorso, che era basato anche su questa stessa motivazione.

La contrapposizione dell’ordinanza 2857/2025

In realtà, c’è qualcosa che non quadra. Il principio, per quanto potrebbe non essere nuovamente condiviso dai giudici della stessa Corte, nel caso di un capovolgimento di fronte, avrebbe necessitato ovviamente di un maggiore approfondimento. I giudici avrebbero sicuramente citato le precedenti pronunce a cui era loro intenzione contrapporre un nuovo orientamento. Viceversa, la questione viene liquidata in un paio di righe.

È troppo poco per urlare ad un cambio di rotta, come pure sicuramente faranno le correnti filo-ministeriali e i siti di (dis)informazione giuridica a cui basta un nuovo titolo clickbait per racimolare quale visita.

Non è un cambio di rotta, ma è pur sempre un segnale, che richiama nuovamente l’attenzione su una questione che speravamo poter considerare ormai conclusa.

Gli altri punti dell’ordinanza 2857/2025

Per il resto l’ordinanza pone luce sui seguenti punti, su cui era basato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato:

Nullità del procedimento di appello: il ricorrente contestava la validità della costituzione in giudizio della Prefettura di Sassari nel primo grado del giudizio, avvenuta tramite PEC non firmata digitalmente.

Tardiva produzione di documenti: il ricorrente sosteneva che alcuni documenti prodotti dalla Prefettura fossero stati depositati tardivamente e quindi inammissibili.

Mancanza di omologazione dell’apparecchio Telelaser: il ricorrente deduceva che il Tribunale avesse confuso l’autorizzazione ministeriale con l’omologazione, necessaria a pena di invalidità dell’accertamento.

Mancanza di verifiche periodiche di funzionalità del Telelaser: il ricorrente contestava che fosse stata omessa la verifica delle periodiche verifiche di funzionalità dell’apparecchio.

Invalidità della segnalazione della postazione mobile di controllo della velocità: il ricorrente riteneva che la segnalazione con cartello fisso fosse insufficiente, in quanto il DM 13 giugno 2017 richiede cartelli mobili per le postazioni mobili.

Omessa pronuncia del Tribunale su un motivo di gravame: il ricorrente lamentava che il Tribunale non si fosse pronunciato su una sua specifica doglianza.

Eccessiva liquidazione delle spese legali: il ricorrente riteneva che le spese legali liquidate dal Tribunale fossero eccessive rispetto al valore della causa.

Rispetto a ciascuno di essi, per le vie brevi, la Corte di Cassazione con l’ordinanza 2857/2025 ha risposto come segue:

Utilizzo della PEC nel processo dinanzi al giudice di pace: la Corte ha confermato l’ammissibilità dell’uso della PEC per l’invio degli atti relativi alla costituzione della Pubblica Amministrazione, anche in assenza di firma digitale.

Sanatoria del vizio di forma: la Corte ha richiamato il principio di libertà delle forme, affermando che l’inosservanza di prescrizioni formali è irrilevante se l’atto raggiunge lo scopo cui era destinato.

Termini per il deposito della documentazione: la Corte ha chiarito che, nel caso di opposizione a ordinanza-ingiunzione, non è previsto un termine perentorio per il deposito della documentazione relativa all’accertamento.

Equiparazione tra autorizzazione e omologazione: la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente verificato la sussistenza delle necessarie autorizzazioni ministeriali, equiparandole di fatto all’omologazione.

Verifiche periodiche di funzionalità: la Corte ha accertato che, nel caso specifico, erano state effettuate le verifiche periodiche di funzionalità dell’apparecchio Telelaser.

Segnalazione delle postazioni mobili di controllo della velocità: la Corte ha ribadito che non è obbligatoria la segnalazione con cartelli mobili, essendo sufficiente qualsiasi cartello di avviso, fisso o mobile, purché ben visibile.

Motivazione della sentenza: la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse adeguatamente motivato la propria decisione, senza incorrere in vizi di omessa pronuncia o carenza di motivazione.

Liquidazione delle spese legali: la Corte ha confermato la correttezza della liquidazione delle spese legali, in quanto proporzionate al valore della causa e alle attività svolte.

Qui du seguito il testo integrale

Ordinanza 2857/20025

FATTI DI CAUSA

1. Il giudizio trae origine dal ricorso proposto avverso il verbale di contestazione elevato dalla Polizia Stradale di Sassari, in data 11.8.2017, in ordine alla violazione dell’art. 142, comma 9-bis, C.d.S., per aver superato di oltre 60 km/h il limite massimo di velocità di 90 km/h imposto sulla strada percorsa. In conseguenza di tale violazione gli era stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 1.658,00, oltre alle sanzioni accessorie della decurtazione di 10 punti dalla patente e della sospensione della medesima per un periodo di sei mesi, disposta dal Prefetto della Provincia di Sassari.

1.1. Il ricorrente dedusse che il superamento della velocità massima era stato rilevato tramite una postazione mobile di Telelaser, priva di adeguata segnalazione mediante cartelli mobili, come richiesto dal D.M. 13 giugno 2017, essendovi solo un cartello stradale fisso e permanente. Inoltre, rilevò che dal verbale non emergevano né la tipologia del dispositivo utilizzato, fisso o mobile, né gli estremi dell’omologazione ministeriale, né riferimenti alla taratura e alle verifiche periodiche di funzionalità prescritte. Tali mancanze, a suo avviso, rendevano il dispositivo non tarato e non perfettamente funzionante. 

Pertanto, chiese l’annullamento del verbale di accertamento e dei provvedimenti conseguenti, con la revoca o la dichiarazione di nullità delle sanzioni applicate o, in subordine, la loro rideterminazione nella misura minima prevista dalla legge.

1.2. Si costituì in giudizio la Prefettura di Sassari – Ufficio Territoriale del Governo di Sassari per resistere alla domanda. Affermò che il posto di controllo era stato allestito in conformità alla normativa vigente e che le risultanze degli apparecchi omologati corrispondevano alla velocità visualizzata sul display degli stessi, confermata dall’accertamento diretto dell’agente di Polizia. Richiamò inoltre l’allegato 2 al verbale di contestazione, che riportava tutte le informazioni relative al funzionamento e alla certificazione di taratura dell’apparecchio, e produsse anche la certificazione del 27.1.2017, attestante la regolare revisione e taratura dell’apparecchiatura usata.

1.3. Il Giudice di pace di Sassari, con sentenza n. 669/2018, rigettò il ricorso, ritenendo provate sia la violazione contestata sulla base dei dati acquisiti dal Telelaser, sia la funzionalità dell’apparecchiatura, in quanto attestata dai pubblici ufficiali nel verbale, facenti prova fino a querela di falso. Infine, il giudice di prime cure rilevò che la presegnalazione del dispositivo di rilevazione della velocità poteva legittimamente essere effettuata alternativamente con segnaletica temporanea o permanente.

2. Avverso la citata sentenza di primo grado [omissis]  propose appello innanzi al Tribunale di Sassari, che, con sentenza n. 1187/2020, rigettò il gravame, confermando integralmente la sentenza impugnata.

2.1. Il Tribunale rilevò che il verbale di contestazione richiamava le autorizzazioni ministeriali 4199 dell’8.9.1997 e 6025 del 30.11.1998 e che le certificazioni prodotte attestavano la corretta taratura e il regolare funzionamento dell’apparecchiatura. Chiarì che, ai sensi dell’art. 142, comma 6-bis, C.d.S., la presegnalazione delle postazioni di rilevamento velocità poteva essere effettuata con segnaletica temporanea o permanente, purché fossero rispettati i requisiti di visibilità e segnalazione preventiva.

3. [omissis] ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale sassarese sulla base di sette motivi.

3.1. Il Consigliere delegato, ritenendo che il ricorso fosse manifestamente infondato, con provvedimento depositato il 27/06/2024, ha proposto la definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022.

3.2. Alla proposta di definizione anticipata, regolarmente comunicata alle parti, è seguita la richiesta di decisione avanzata ex art. 380-bis, comma 2, cod. proc. civ.

3.3. In prossimità dell’adunanza camerale, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia la nullità del procedimento d’appello e della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 16 bis, comma 6, d.lgs. 179/2012, 115, 116 e 125 c.p.c. e falsa applicazione degli artt. 22-23 L. 689/1981, 134 disp. att. c.p.c., 22 d.lgs. 546/1992 per avere il Tribunale ritenuto valida la costituzione della Prefettura di Sassari nel primo grado del giudizio mediante invio alla Cancelleria del Giudice di Pace di una PEC contenente una memoria di costituzione priva di firma (né digitale né analogica) e documenti allegati. Il Tribunale avrebbe violato la disposizione di cui all’art. 16 bis, comma 6, d.lgs. 179/2012, secondo cui nel processo dinanzi al giudice di pace non è ammesso il deposito telematico degli atti.

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce la nullità del procedimento d’appello e della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 7, comma 7, del d.lgs. 150/2011 e 416 c.p.c.

Il ricorrente sostiene che il Tribunale abbia ritenuto tempestivamente prodotta la documentazione inviata tramite PEC dalla Prefettura nel primo grado del giudizio, nonostante questa fosse stata trasmessa oltre il termine di cui al citato art. 416 c.p.c. Inoltre, la Prefettura non avrebbe dimostrato che tale documentazione fosse già stata prodotta in primo grado, con la conseguenza che essa sarebbe da considerarsi nuova, tardiva e inammissibile. Per converso, il Tribunale ha ritenuto tempestivamente prodotti non solo gli atti strettamente relativi all’accertamento di cui all’art. 7, comma 7, d.lgs. 150/2011, ma anche gli ulteriori mezzi di prova documentale (quali, esemplificativamente, la certificazione di asserita taratura del telelaser) che avrebbero dovuto essere prodotti in primo grado nel termine di cui al citato art. 416 c.p.c.

2.1. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.

2.2. Come costantemente affermato da questa Corte, nel procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione dinanzi al giudice di pace, è ammissibile l’uso della PEC per l’invio degli atti relativi alla costituzione della P.A., trattandosi di una delle ipotesi speciali (insieme al giudizio di cassazione ed a quello tributario) in deroga al principio generale che considera irrituale, in quanto non previsto dalla legge, il deposito dell’atto non effettuato di persona (Cass. SU, 4/03/2009, n. 5160; Cass. Sez. 6-2, n. 1027/2017; Cass. Sez. II, n. 14281/2023).

2.3. Tale orientamento è, del resto, speculare al principio enunciato da questa Corte, secondo cui la notificazione delle ordinanze-ingiunzione ai sensi della L. n. 689 del 1981 (art. 18) può avvenire direttamente da parte della P.A. a mezzo di posta elettronica certificata, rappresentando una modalità idonea a garantire al destinatario la conoscibilità dell’atto e la finalità della notificazione, senza che possa farsi riferimento alla necessità del rispetto anche delle formalità di cui alla L. n. 53 del 1994, che attiene alla diversa ipotesi di notifiche eseguite direttamente dagli avvocati (Cass. Sez. 6-2, n. 28829/2020).

Come affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 5160/2009, dal principio di libertà delle forme deriva che tutte le forme degli atti del processo sono previste non per la realizzazione di un fine proprio ed autonomo, ma allo scopo del raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che l’eventuale inosservanza della prescrizione formale è irrilevante se l’atto viziato raggiunge ugualmente lo scopo cui era destinato.

2.4. Nel caso di specie, opera, pertanto, la sanatoria del vizio ex art. 156, comma 3, c.p.c. e, quanto alla doglianza relativa al deposito tardivo della documentazione, è applicabile l’art. 7, comma 7, d.lgs. n. 150/2001, il quale non prevede la perentorietà del termine per il deposito della documentazione che attiene all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione (Cass. n. 15887/2019 e Cass. n. 14266/2021), con la conseguenza che la documentazione prodotta dalla Prefettura con la suddetta modalità era utilizzabile in giudizio.

3. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 45, 142, comma 6, d.lgs. 285/1992 e all’art. 192 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada di cui al DPR 16/12/1992, n. 495.

Il ricorrente deduce che il Tribunale abbia confuso l’autorizzazione ministeriale ex art. 192, comma 3, Regolamento C.d.S. con l’omologazione prevista dall’art. 142, comma 6, C.d.S. e disciplinata dall’art. 192, comma 2, dello stesso Regolamento, necessaria a pena d’invalidità dell’accertamento e degli atti consequenziali, anche qualora il dispositivo sia stato approvato e/o autorizzato.

3.1. Tale motivo è manifestamente infondato poiché il Tribunale, proprio nel rispondere all’eccepita mancanza di omologazione, ha verificato che sussistevano le due necessarie autorizzazioni ministeriali e che le certificazioni prodotte comprovavano, altresì, la corretta taratura dell’apparecchio di rilevazione elettronica, oltre che il suo regolare funzionamento (del resto, l’opponente – oggi ricorrente – non aveva dimostrato che nessuna delle due autorizzazioni non si riferisse anche all’omologazione, rilevandosi, altresì, dalla sentenza qui impugnata che già il giudice di pace aveva accertato l’avvenuta omologazione).

4. Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 45, comma 6, d.lgs. 285/1992, come interpretato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 113/2015; sostiene che il Tribunale abbia ritenuto sufficiente la certificazione di taratura originaria per provare il regolare funzionamento del telelaser, omettendo di verificare le periodiche verifiche di funzionalità, così violando la norma appena richiamata.

4.1. Tale motivo è manifestamente infondato in quanto dalla sentenza impugnata emerge che era stato acquisito anche il necessario certificato che comprovava la sottoposizione del suddetto apparecchio alla prescritta taratura, il quale – per come ammesso dallo stesso ricorrente – si identificava con quello trasmesso dalla Prefettura, risultato rilasciato il 27 gennaio 2017 e, quindi, entro l’anno rispetto alla data dell’accertamento coincidente con l’11 agosto 2017, in tal modo risultando rispettata anche l’esigenza individuata nella sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015 di eseguire verifiche periodiche di funzionalità.

5. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in relazione agli artt. 142, comma 6 bis, d. Igs. 285/1992 e del Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 13 giugno 2017, Allegato, Capo 7, paragrafo 7.8; li ricorrente contesta al validità della segnalazione della postazione mobile di controllo della velocità con un cartello fisso, in violazione del paragrafo 7.8 dell’Allegato al DM 13 giugno 2017.

5.1. Il motivo è infondato.

5.2. Questa Corte ha affermato che nessuna disposizione impone che la postazione mobile di rilevazione della velocità debba obbligatoriamente essere preannunciata dall’apposizione di cartelli mobili. La funzione di avviso dell’utenza circa la possibilità di subire un accertamento della velocità di marcia mediante apparecchiature elettroniche su un determinato tratto di strada è

infatti adeguatamente assicurata da qualsiasi cartello di avviso, indipendentemente dalla sua natura fissa o mobile, e senza che rilevi in alcun modo il tipo di postazione di controllo, permanente o temporanea (Cass. n. 30207/2019, non mass.).

È, dunque, sufficiente per al regolare rilevazione della velocità che le postazioni siano preventivamente segnalate e che siano ben visibili, indipendentemente dalla circostanza che siano fisse o mobili.

6. Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 99, 112, 132 comma 1 n. 4 c.p.c., 434 c.p.c. per omessa pronuncia sul primo motivo di gravame con il quale era stato contestato che il ricorrente avesse superato il limite di velocità e che viaggiasse alla velocità asseritamente rilevata con l’apparecchiatura utilizzata. Il ricorrente lamenta, in altri termini, che il Tribunale non abbia statuito sul primo motivo di gravame, ritenendolo “una sorta di preambolo generale alle doglianze di seguito sviluppate”.

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Il Tribunale, rilevato l’esito degli accertamenti della Polstrada e disattesi i rilievi sulla contestazione delle modalità di accertamento, ha accertato la violazione del superamento del limite di velocità e, conseguentemente la violazione dell’art. 142, comma 9-bis, c.d.s., ragion per cui non ricorre affatto il vizio di omessa pronuncia o di carenza di motivazione.

7. Con li settimo motivo di ricorso, li ricorrente denuncia la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 132 comma 1 n. 4 c.p.c. in relazione al DM 55/2014, recante i parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 e delle tabelle allegate, recanti i parametri forensi.

Il ricorrente sostiene che, a fronte di una domanda di valore pari ad euro 829,00, li Tribunale abbia liquidato le spese del grado in misura pari ad euro 1.800,00 oltre spese generali, IVA e CPA, senza motivare le ragioni di un così significativo scostamento rispetto ai valori medi indicati dal DM n. 55/2014 per le cause di competenza del giudice di pace di valore sino ad euro 1.100,00.

7.1. Il motivo è infondato.

7.2. Deve essere, in primo luogo, rilevato che la sanzione amministrativa pecuniaria era pari ad €1.658,00 e non ad €829,00, che corrispondeva alla metà della sanzione in caso di pagamento in misura ridotta. Ne consegue che non è corretto li range indicato dal ricorrente, ovvero fino ad € 1.100,00 perché il parametro di riferimento era da individuarsi nello scaglione da € 1.100,00 ad € 5.200,00.

Inoltre, erano state applicate le sanzioni accessorie della decurtazione di dieci punti dalla patente e della sospensione della medesima per un periodo di sei mesi.

Non coglie, quindi, nel segno la censura relativa al superamento dei valori medi delle spese di lite, e, in ogni caso, solo nell’ipotesi in cui si ecceda oltre i valori massimi, li giudice è tenuto a motivare al determinazione di tale scostamento (Cass. n. 19989/2021 e Cass. n. 14198/2022).

8. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

8.1. Nessuna statuizione deve essere adottata in ordine al regolamento sulle spese di lite, non avendo al Prefettura svolto attività difensiva.

8.2. Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ.. (novellato dal d. Igs. n.149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e li giudizio definito in conformità alla proposta, li ricorrente deve essere condannato al pagamento della somma ex art. 96, comma 4 c.p.c., ni favore della Cassa delle ammende, liquidata come in dispositivo.

9. Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del DPR n.115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per li ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del DPR n.115 del 2002, se dovuto.

P.Q.M. 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del DPR n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del DPR n. 115 del 2002, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, in data 30 gennaio 2025.

Il Presidente Aldo Carrato

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