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Con il Decreto Legge del 25 Marzo 2020 n. 19 è sanzionato con multa chi violi le misure urgenti atte a fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid 19.
Parimenti è sanzionato con la medesima multa (ma ridotta della metà) chi abbia violato le disposizioni entrate in vigore precedentemente al decreto, quando cioè la fattispecie era assimilata ad un illecito penale.
Vivendo quotidianamente i sacrifici che l’emergenza sanitaria comporta nella lotta contro il coronavirus, non possiamo in primo luogo non muovere un plauso alle Forze dell’Ordine i cui operatori si espongono personalmente al contagio per contenere il diffondersi della malattia.
Tuttavia, avendo ad oggi già esaminato numerosissimi verbali per violazione delle misure atte a contenere il diffondersi del virus, non possiamo fare a meno di rilevare i diversi profili di illegittimità che spesso li connotano.
Come ormai noto, le multe per coronavirus funzionano in modo molto simile alle comuni multe per infrazione al Codice della Strada e, alla stessa maniera, sono opponibili mediante ricorso da poter presentare innanzi al Prefetto o innanzi al Giudice di Pace.
Esaminiamo, quindi, la casistica riscontrata e le motivazioni su cui potranno eventualmente fondarsi i ricorsi
La casistica riscontrata
Nella eterogenea casistica ad oggi riscontrata, i verbali sono generalmente redatti avendo scarso o alcun riguardo delle ragioni che avrebbero potuto legittimare la condotta dei presunti trasgressori: spesso si tratta di ragioni di salute, fisica o psicologica, che rendono necessaria l’attività fisica al di fuori delle pareti domestiche e, nella generalità delle ipotesi è inevitabile non riscontrare un’applicazione eccessivamente rigida di norme esasperatamente confuse, la cui difficile interpretabilità è aggravata dal rapido e convulso susseguirsi di divieti e permessi, che quasi quotidianamente scandiscono l’attività normativa, con decreti legge, decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e regolamenti regionali (in quanto tali aventi efficiacia limitata sul territorio nazionale).
Quanto appena detto è ulteriormente confermato dallo stesso D. L. 25 Marzo 2020 n. 19, che ha avuto espressamente lo scopo di riorganizzare in modo più armonico le disposizioni fino a prima rapidamente susseguitesi (con i decreti dell’8 marzo 2020, del 9 marzo 2020, dell’11 marzo 2020 e del 22 marzo 2020).
L’urgenza come criterio normativo e interpretativo
L’urgenza che viviamo vale, dunque, a perdonare norme tra loro contraddittorie e modelli di autocertificazione che si rinnovano ogni due giorni? Ovviamente si: è bene che sulla forma prevalga la sostanza e che nessuno distragga le istituzioni dal delicato compito di tutela della salute pubblica.
La medesima tolleranza, tuttavia, merita di essere destinata verso chi quelle medesime norme inconsapevolmente le viola o le interpreta secondo criteri più tolleranti del previsto.
In termini giuridici è opportuno, quindi, che l’emergenza, assunta come principio normativo, assurga a criterio interpretativo delle disposizioni in essere.
Proprio l’interpretazione secondo emergenza, delle norme in vigore, vale astrattamente a giustificare numerose condotte ad oggi invece sanzionate dalle forze dell’ordine, con smisurato e, quindi, illegittimo rigore.
Quando l’ignoranza della legge è scusabile
Un antico brocardo latino che spesso ricorre negli insegamenti di diritto recita: ignorantia legis non excusat. Per i meno poliglotti, la frase significa che l’ignoranza della legge non è motivo da poter invocare a proprie discolpa. È chiaro che se bastasse affermare di non conoscere la legge, qualsiasi divieto potrebbe essere violato. Sembrerebbe un principio semplice e quasi ovvio, ma in realtà conosce articolazioni più complesse. A queste articolazioni si è ispirata la Corte Costituzionale, quando in passato ne ha ampliato la portata specificando che, viceversa, il fatto illecito è scusabile, quando sono proprio gli organi istituzionali ad aver alimentato l’ignoranza, con atteggiamento normativo ondivago e contraddittorio.
Basterebbe, quindi, la semplice condizione d’emergenza per poter straordinariamente derogare, anzi capovolgere il brocardo latino, e affermare che non appartiene al nostro patrimonio culturale riuscire ad accettare e comprendere limitazioni della libertà personale così improvvise a drastiche. Basterebbe, ma vi è di più. Vi è proprio quell’atteggiamento suo malgrado ondivago e contraddittorio che ha caratterizzato l’operato del legislatore che ha legiferato certamente più di quanto strettamente necessario (emettendo ben quattro DPCM in appena due settimane ed altrettante versioni diverse del modello di autocertificazione!), impedendo così che si radicasse nella conoscenza comune l’entità delle misure volte al contenimento del contagio.
Le fattispecie concrete
Venendo al concreto, le fattispecie a cui ci riferiamo (e per le quali riteniamo sia opponibile azione per l’annullamento delle relative multe), attengono a quei casi in cui le facoltà sanzionatorie risultano essere state esercitate con giudizi sommari e approssimativi sulle esigenze di vita delle persone coinvolte nella condizione d’emergenza.
Come sappiamo, infatti, le condotte consentite attengono a quei casi in cui gli spostamenti siano giustificati da:
– comprovate esigenze lavorative;
– assoluta urgenza;
– situazione di necessità;
– motivi di salute.
Queste appena elencate sono appunto le voci riportate nel modello di autocertificazione e, nella loro estrema inevitabile sinteticità e genericità non possono chiaramente riassumere esaustivamente ogni esigenza di vita del cittadino al di fuori delle proprie mura domestiche. È proprio il voler interpretare queste definizioni con assoluto rigore che ha portato, e continua a portare, a paradossi di cui per giorni si è discusso e, ad oggi, non hanno trovato alcuna risposta certa. Paradossi in virtù dei quali ciascuno è giustificato ad uscire per intraprendere una corsetta per strada, ma non una passeggiata (guai, quindi, a riprendere fiato rallentando il passo); è giustificato ad uscire per portare il cane a fare una passeggiata, purché non si tratti di altri animali da compagnia; è giustificato ad uscire chi è separato e sta espletando il proprio diritto/dovere di visita al figlio con cui non convive abitualmente (ma non è giustificato ad uscire chi era in procinto di separarsi prima dell’emergenza).
Riguardo le “comprovate esigenze lavorative”
In una situazione come quella attuale, come giudicare se una esigenza lavorativa è assolutamente indifferibile? E se è indifferibile, ma non concretamente comprovabile? L’indifferibilità è la necessarietà dello spostamento vanno rapportate all’esigenza di trarre profitto con la propria attività lavorativa o vanno rapportate all’essenzialità e all’utilità pubblica dell’attività svolta? Non ci riferiamo alla distinzione tra lavori consentiti e lavori vietati, ma alle singole specifiche attività che vengono espletate per porre in essere quei lavori: gli studi professionali possono proseguire il loro esercizio, ma possono anche ricevere clienti presso i propri studi? Se l’edicolante può ricevere i suoi clienti e consegnare loro il giornale, perchè non potrebbero farlo anche il commercialista o l’avvocato? il dipendente può recarsi al posto di lavoro, ma può farlo anche al di fuori dei consueti orari se ciò risponde ad una occasionale esigenza del datore di lavoro?
Riguardo l’assoluta urgenza e la necessità
Come stabilire o pretendere di dare una definizione oggettiva e universalmente condivisa del concetta dell’urgenza? L’urgenza giustifica l’acquisto di beni di prima necessità presso gli esercizi commerciali a cui non è stata imposta la chiusura, e quindi rende non punibile l’uscita per acquistare un giornale in edicola, come se la comune sete di notizie non potesse essere altrimenti soddisfatta attraverso internet, tv e radio. Gli spostamenti sono consentiti solo entro “stretti limiti”, sebbene il concetto di “stretto” sia opinabile almeno quanto quello di “necessario”.
Riguardo i motivi di salute
A chi fa bene trascorrere intere giornate chiuso in casa? È evidente che la clausura comporta di per sé nocumento alla salute fisica e psicologica di chiunque viva in isolamento ed entro il perimetro circoscritto dalle proprie mura domestiche per intere settimane. Quando, dunque, la salute giustifica l’evasione? Anche qui i paradossi sarebbero infiniti.
Il potere discrezionale delle forze dell’ordine
Tirando le somme, l’urgenza ha reso necessario che alle forze dell’ordine fosse conferito un potere discrezionale assolutamente indefinito e abnorme, chiamandole a giudicare nel tempo di qualche secondo se una condotta sia da considerare urgente, necessaria, giustificata da esigenze lavorative o di salute. Deriva da questo assunto che, salvo le ipotesi di palese violazione dei criteri ispiratori delle norme (indurre il disatanziamento sociale quale strumento per limitare il contagio), nella maggior parte dei casi, le “multe per coronavirus” rappresentano in quanto tali delle semplici aberrazioni giuridiche, contro cui sarà di volta in volta necessario presentare ricorso affinché un Giudice (vero!) possa effettivamente e ponderatamente valutare se la singola condotta abbia o meno posto a rischio volontariamente la pubblica incolumità per futili motivi.
Come fare ricorso
Le questioni fino ad ora affrontate attengono alle motivazioni che potranno essere eventualmente sollevate in sede di opposizione alla multa per coronavirus. In breve sintesi e in modo assolutamente generico si tratta di: ignoranza scusabile della legge da parte del trasgressore; approfondimento sulla effettiva pericolosità del comportamento sanzionato, ai fini del contenimento del contagio; discussione sulla distorta interpretazione dei canoni normativi da parte dell’agente accertatore circa le ragioni che avrebbero giustificato la violazione (urgenza, necessità, salute e lavoro).
Chiaramente non ogni multa potrà essere contestata alla stessa maniera, né esistono formule universali che possano essere utilizzate per ogni occasioni.
Per poter esprimere un nostro parere circa l’effettiva annullabilità del verbale, abbiamo necessità di esaminare il singolo verbale. Se hai ricevuto una multa per coronavirus, puoi inviarcene copia via mail all’indirizzo info@ricorsi.net oppure compilare il modulo di contatto