La questione giuridica affrontata attiene alla fede privilegiata riconosciuta al verbale e all’obbligo di esperire la querela di falso per il caso in cui si intenda disconoscere il fatto storico attestato dal pubblico ufficiale. La materia è leggermente complessa sotto il punto di vista teorico, per cui procediamo per gradi. Secondo il Codice Civile, il verbale redatto da un pubblico ufficiale gode di “fede privilegiata”. Questo significa che non si potrà semplicemente negare la sua veridicità, poiché il Giudice sarà tenuto ad attribuire maggiore fede alle attestazioni rilasciate dall’agente accertatore.
Questo comporta che, qualora il ricorrente voglia contraddire il fatto storico riportato nel verbale, non dovrà semplicemente sollevare opposizione contro la multa, ma dovrà incidentalmente esperire una diversa azione giudiziaria, denominata querela di falso. Con la querela di falso si darà, quindi, inizio ad nuovo giudizio nel corso del quale sarà onere del querelante (ovvero dell’automobilista che aveva fatto ricorso contro la multa) dimostrare che l’agente accertatore ha rilasciato nel verbale delle attestazioni mendaci. Inutile dire che salvo rarissimi casi, offrire una prova del genere è assolutamente impossibile, cosicché la fede privilegiata di cui gode il verbale, si rivela il più delle volte un ostacolo insormontabile.
Facciamo un esempio (quello che più di frequente ci capita di affrontare) e poniamo il caso che un agente accertatore sbagli nell’annotare la targa di un auto lasciata in divieto di sosta. È sufficiente che sbagli una cifra e sarà così notificato il verbale ad un automobilista residente magari a centinaia di chilometri di distanza. Questo ipotetico signore si vedrà, quindi, recapitare un verbale per una infrazione che è assolutamente certo di non aver mai commesso, proveniente da un comune in cui è altrettanto certo di non aver mai messo piede. Potrà fare semplicemente ricorso, chiedendo che il Giudice valuti la sua estraneità rispetto alla contravvenzione che gli è attribuita? Purtroppo no. Dovrà, infatti, come detto qualche riga più su, incidentalmente dimostrare la falsità del verbale, offrendo prova certa che alcun conducente del veicolo di sua proprietà abbia mai potuto commettere quell’infrazione.
Considerate le probabilità di riuscita, i tempi, i costi e i rischi, la querela di falso è nella quasi totalità dei casi un rimedio assolutamente sconsigliabile.
Torniamo alla sentenza n. 2014 del 22 maggio 2014: perché è così importante? Lo è, poiché il Giudice del Tribunale di Lecce ha accolto un’importante principio, secondo cui è da attribuire fede privilegiata al verbale solo per quelle attestazioni relative a fatti compuiti direttamente dall’agente accertatore o avvenuti in sua presenza, per i quali sia escluso ogni margine di apprezzamento e ogni percezione sensoriale, che coinvolgano giudizi valutativi compiuti in difetto di un metro di oggettiva certezza.
In altri termini, la linea di confine, per quanto labile, dovrà essere tracciata tra fatti oggettivamente certi (per i quali il verbale conserverà fede privilegiata) e fatti per i quali l’agente accertatore avrà riferito una sua valutazione personale, alla luce di una percezione sensoriale che coinvolga sue valutazioni soggettive (per i quali potrà viceversa mettersi in dubbio l’attendibilità del verbale senza dover esperire la querela di falso).
Per valutare in che misura le attestazioni dell’agente accertatore possano essere “contaminate” da sue valutazioni personali, dovrà aversi considerazione anche della intrinseca natura dei fatti oggetto di verbalizzazione ed, in particolare, del loro repentino accadimento. Tornando all’esempio iniziale, è chiaro che la fede privilegiata continuerà ad operare per il caso in cui oggetto dell’attestazione sia un auto lasciata in sosta. Viceversa, la fede privilegiata (ed è proprio questo il caso trattato dal Tribunale di Lecce), potrà essere superata nel caso in cui il verbale si riferisca ad una infrazione per uso del cellulare durante la guida. In tale ipotesi pare evidente che l’agente accertatore abbia, infatti, compiuto delle sue valutazioni personali, relative a fatti svoltisi rapidamente e per i quali potrebbe essere stato indotto in errore da una percezione sensoriale potenzialmente inattendibile.
In breve, tirando le fila del complesso ragionamento seguito fino ad ora, il ricorrente potrà opporre una multa per uso del cellulare durante la guida, invocando il vizio di percezione dell’agente accertatore, senza che il verbale goda di fede privilegiata e che sia quindi necessario esperire querela di falso contro di esso.