La vicenda in esame tra origine dall’opposizione all’ordinanza ingiunzione prefettizia cui era stato ingiunto al ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa di € 310,00 per l’accertata infrazione dell’art. 142, comma 8, del Codice della Strada consistita nella guida di veicolo al velocità superiore al limite vigente sulla strada percorsa.
Il ricorrente deduceva la nullità dell’ordinanza ingiunzione opposta perché sottoscritta dal vice prefetto dell’area competente senza l’indicazione della delega conferitagli dal prefetto.
Il giudice di Pace accoglieva l’opposizione, la Prefettura proponeva appello rappresentando la possibilità di delega prevista dall’art. 14 del D.lgs. 139/2000 e la ripartizione dell’onere della prova in merito alla suddetta delega. Sosteneva cioè che l’onere di provare la fondatezza dell’eccezione di difetto di delega incombeva sulla stessa parte che l’aveva posta a fondamento dell’opposizione.
Il Tribunale quale giudice di Appello rigettava le doglianze della prefettura attribuendo l’onere probatorio dell’esistenza della delega in capo all’amministrazione con conseguente annullamento del provvedimento per effetto del mancato assolvimento del relativo onere.
La Prefettura dunque ricorreva in cassazione con un unico motivo: la violazione dell’art. 1 della legge 241/90 e degli artt. 1,2 e 14 del D.lgs. 139/2000 per aver ritenuto, il giudice di appello, che incombesse sull’amministrazione l’onere di dimostrare l’esistenza della delega a favore del vice prefetto, la cui esistenza era stata negata dall’opponente.
La Suprema Corte ritiene fondato il motivo di ricorso. Ritiene il collegio che diversamente da quanto sostenuto nella sentenza impugnata debba essere ribadito il costante orientamento della giurisprudenza in favore della tesi secondo la quale l’opponente ad ordinanza ingiunzione di pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa, il quale ne deduca l’illegittimità per insussistenza della delega di firma in capo al funzionario che, in sostituzione del prefetto o del vice-prefetto vicario, ha emesso il provvedimento, ha l’onere di provare detto fatto negativo, con la conseguenza che, nel caso in cui non riesca a procurarsi la pertinente relativa attestazione da parte dell’amministrazione, è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ex art. 213 c.p.c. ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori dei cui all’art. 23, comma sesto, della legge 24 novembre 1989, n. 689 presso l’Amministrazione medesima, la quale non può esimersi dalla relativa risposta.
Di conseguenza se l’opponente rimane del tutto inerte processualmente la presunzione di legittimità che assiste il provvedimento non può considerarsi superata.
È stato in particolare precisato che l’ordinanza-ingiunzione con la quale si ingiunge il pagamento di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni di norme del codice della strada può essere emessa dal vice prefetto aggiunto, in quanto la previsione normativa di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, vice prefetto vicario e vice prefetto aggiunto), ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato.
Né alla suddetta conclusione appaiono ostative le obiezioni del giudice di appello, perché la presunzione di legittimità dell’azione amministrativa trova il suo generale fondamento nell’art. 1 della legge 241/1990 e nel caso di specie anche nelle norme che attribuiscono il potere sanzionatorio anche al vice prefetto.
Con riguardo al diritto di difesa è assicurato all’opponente e nel caso di specie la mancata richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 213 c.p.c. è dipesa dalla mancata attivazione di quest’ultimo.
In conclusione la Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato dalla prefettura e annulla la sentenza di appello favorevole al conducente del veicolo sanzionato.