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Quali aree possono effettivamente essere destinate alla sosta a pagamento? A quali limiti devono attenrsi le amministrazioni comunali nella disposizione della “strisce blu“? Analizziamo la normativa alla luce dei più recenti e consolidati orientamenti giurisprudenziali, scoprendo per quali motivi sarà possibile richiedere l’annnullamento del propriio verbale.
Se hai ricevuto una multa per il mancato pagamento della sosta, inviaci copia del verbale per una valutazione gratuita e non vincolante ad info@ricorsi.net. Entro poche ore riceverai risposta.
Tra i vari obblighi, divieti e limitazioni che i Sindaci hanno facoltà di istituire vi è anche la sosta a pagamento sul suolo pubblico, e specificamente il comma 1 lettera f) dispone che è possibile “stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta”.
Un elemento fondamentale di tale disposizione, che però sfugge alla maggior parte delle amministrazioni comunali che la attuano, è il fatto che è possibile istituire la sosta a pagamento solo in apposite “aree destinate al parcheggio”.
A questo punto, a scanso di equivoci, e opportuno ricordare che spesso il Legislatore chiarisce preventivamente le definizioni ed i significati della terminologia utilizzata, cosa che per quanto riguarda l’area di parcheggio fa con l’art. 3 c. 1 n°34 C.d.S., dove la stessa viene definita come “area o infrastruttura posta fuori della carreggiata, destinata alla sosta regolamentata (o non) dei veicoli”.
E ancora, nell’art. 2 c. 3 C.d.S., lett. E ed F, in cui si definiscono rispettivamente le “strade urbane di scorrimento” e le “strade urbane di quartiere”, vengono previste apposite aree “esterne alla carreggiata” per la sosta dei veicoli, con immissioni ed uscite concentrate e relativa corsia di manovra.
Così, per sanare tale apparente discrasia, alcuni disattenti interpreti del Codice della Strada sostengono che i veicoli parcheggiati secondo le modalità descritte nell’art. 157 C.d.S. siano fuori dalla carreggiata, rifacendosi forzatamente alla definizione di carreggiata data nel già citato art. 3 C.d.S.. Ma la “carreggiata” è in realtà tutta la “parte della strada parte destinata allo scorrimento dei veicoli”, comprendendo tra le attività complessive che definiscono la scorrimento del flusso veicolare non solo la marcia, ma anche le sue eventuali interruzioni più o meno protratte nel tempo, e definite dall’art. 157 c. 1 C.d.S.. Con tale definizione essa viene distinta concettualmente e funzionalmente dal “marciapiede”, che è invece quella parte della strada destinata esclusivamente al transito dei pedoni (art. 3 c. 1 n°33 C.d.S.).
E per ribadire e rafforzare ulteriormente tale distinzione, nel comma 6 del succitato art. 7 C.d.S. il Legislatore enuncia espressamente che “le aree destinate al parcheggio devono essere ubicate fuori della carreggiata, e comunque in modo che i veicoli parcheggiati non ostacolino lo scorrimento del traffico”.
Inoltre, anche se per i più non sarebbe affatto necessario, vale comunque la pena di ricordare qui il valore logico-semantico del lemma “margine”, in considerazione del quale il margine della carreggiata è inconfutabilmente una parte del tutto definito “carreggiata”, e come tale si trova, appunto, sulla carreggiata.
Ricapitolando, sappiamo ora con certezza che:
Ma nell’art 6 C.d.S., che regolamenta la circolazione fuori dai centri abitati, in realtà troviamo sostanzialmente tutte le disposizioni poi riprese dal successivo art. 7, con la differenza però che nei commi 1 e 2 l’autorità preposta ad adottare i provvedimenti è il Prefetto, mentre nel comma 4 è l’ente proprietario della strada, che, nel caso di strada comunale, coincide appunto col Comune.
L’art. 6 c. 4 lett. d, specificamente, riflette sul Sindaco la facoltà di “vietare o limitare o subordinare al pagamento di una somma il parcheggio o la sosta dei veicoli”, facoltà questa che viene ripresa e più specificamente normata dal successivo art 7 c. 1 lett. f che abbiamo già dettagliatamente analizzato.
In tal modo vengono di fatto aggirate tutte le precise disposizioni che limitano la sosta a pagamento solo alle aree di parcheggio con le caratteristiche che abbiamo già analizzato, per estenderla a tutti i siti in cui è possibile effettuare la sosta.
Ma tale distinzione è sicuramente una forzatura ingiustificata, e per diverse ragioni. Innanzitutto sul piano linguistico, perché se è vero che il sostantivo “parcheggio” indica indifferentemente sia il luogo fisico in cui si effettua il parcheggio che l’atto del parcheggiare, è pur vero che nella lingua italiana i sostantivi “parcheggio” e “sosta”, quali nominalizzazioni rispettivamente dei verbi “parcheggiare” e “sostare”, vengono indifferentemente usati per indicare l’azione di sospendere la marcia di un veicolo lasciandolo fermo per un periodo di tempo indeterminato, anche con l’allontanamento del conducente dallo stesso, a prescindere dal sito scelto. Diversamente si potrebbe dire, parafrasando la faceta definizione del noto caratterista Nino Frassica, che “si parcheggia nel parcheggio e si sosta nel sosteggio!”
Assodato quindi che la sosta non si effettua solo sulla carreggiata, perché anche l’atto di parcheggiare all’interno di un area di parcheggio può essere definita “sosta”, appare chiaro che laddove l’art. 6 c. 4 C.d.S. indica “il parcheggio o la sosta dei veicoli” in realtà sta usando due sinonimi in senso tautologicamente rafforzativo, e che la “o” che li unisce è usata in questo caso come congiunzione senza alcun valore disgiuntivo.
Non vi è pertanto alcun motivo obiettivamente valido, né giuridico né di altra natura, che possa invalidare le precise disposizioni in materia di sosta a pagamento contenute nel successivo art. 7 del Codice della Strada.
Se hai ricevuto una multa per il mancato pagamento della sosta, inviaci copia del verbale per una valutazione gratuita e non vincolante ad info@ricorsi.net. Entro poche ore riceverai risposta.
La sosta a pagamento
L’art. 7 del Codice della Strada attribuisce ai Comuni la potestà di regolamentare, per mezzo di ordinanze del Sindaco, la circolazione all’interno dei centri abitati.Tra i vari obblighi, divieti e limitazioni che i Sindaci hanno facoltà di istituire vi è anche la sosta a pagamento sul suolo pubblico, e specificamente il comma 1 lettera f) dispone che è possibile “stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta”.
Un elemento fondamentale di tale disposizione, che però sfugge alla maggior parte delle amministrazioni comunali che la attuano, è il fatto che è possibile istituire la sosta a pagamento solo in apposite “aree destinate al parcheggio”.
A questo punto, a scanso di equivoci, e opportuno ricordare che spesso il Legislatore chiarisce preventivamente le definizioni ed i significati della terminologia utilizzata, cosa che per quanto riguarda l’area di parcheggio fa con l’art. 3 c. 1 n°34 C.d.S., dove la stessa viene definita come “area o infrastruttura posta fuori della carreggiata, destinata alla sosta regolamentata (o non) dei veicoli”.
E ancora, nell’art. 2 c. 3 C.d.S., lett. E ed F, in cui si definiscono rispettivamente le “strade urbane di scorrimento” e le “strade urbane di quartiere”, vengono previste apposite aree “esterne alla carreggiata” per la sosta dei veicoli, con immissioni ed uscite concentrate e relativa corsia di manovra.
La sosta fuori dalla carreggiata
Ad una lettura approssimativa di tali disposizioni sembrerebbe quasi che nei centri abitati il Codice della Strada non ammetta la sosta se non fuori dalla carreggiata, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 157 c. 2 C.d.S., dove si afferma invece che la sosta si effettua posizionando il veicolo “il più vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia”.Così, per sanare tale apparente discrasia, alcuni disattenti interpreti del Codice della Strada sostengono che i veicoli parcheggiati secondo le modalità descritte nell’art. 157 C.d.S. siano fuori dalla carreggiata, rifacendosi forzatamente alla definizione di carreggiata data nel già citato art. 3 C.d.S.. Ma la “carreggiata” è in realtà tutta la “parte della strada parte destinata allo scorrimento dei veicoli”, comprendendo tra le attività complessive che definiscono la scorrimento del flusso veicolare non solo la marcia, ma anche le sue eventuali interruzioni più o meno protratte nel tempo, e definite dall’art. 157 c. 1 C.d.S.. Con tale definizione essa viene distinta concettualmente e funzionalmente dal “marciapiede”, che è invece quella parte della strada destinata esclusivamente al transito dei pedoni (art. 3 c. 1 n°33 C.d.S.).
E per ribadire e rafforzare ulteriormente tale distinzione, nel comma 6 del succitato art. 7 C.d.S. il Legislatore enuncia espressamente che “le aree destinate al parcheggio devono essere ubicate fuori della carreggiata, e comunque in modo che i veicoli parcheggiati non ostacolino lo scorrimento del traffico”.
Inoltre, anche se per i più non sarebbe affatto necessario, vale comunque la pena di ricordare qui il valore logico-semantico del lemma “margine”, in considerazione del quale il margine della carreggiata è inconfutabilmente una parte del tutto definito “carreggiata”, e come tale si trova, appunto, sulla carreggiata.
Ricapitolando, sappiamo ora con certezza che:
- le “aree di parcheggio” devono avere una serie di caratteristiche tecniche e strutturali, fra la quali (ma non solo) il fatto di essere ubicate fuori dalla carreggiata;
- i Sindaci possono subordinare la sosta dei veicoli al pagamento di una somma di denaro, ma possono farlo solo in apposite “aree destinate al parcheggio”;
- i margini della carreggiata occupati dai veicoli in sosta con le modalità stabilite dall’art. 157 C.d.S. non sono affatto “aree di parcheggio” (almeno non per il Codice della Strada).
Le strisce blu
Da ciò ne deriva quindi che le cosiddette “Zone Blu”, ovvero gli stalli di sosta a pagamento istituiti ai margini delle strade cittadine deputate allo scorrimento del flusso veicolare, sono di fatto giuridicamente illegittime. Per completezza dobbiamo infine prendere atto che alcuni pervicaci sostenitori delle Zone Blu ne fanno proditoriamente discendere la legittimità da un ardito escamotage interpretativo. L’art. 7 c. 1 lett. a), infatti, attribuisce ai Comuni la facoltà di “adottare i provvedimenti indicati nell’articolo 6 commi 1, 2, e 4”.Ma nell’art 6 C.d.S., che regolamenta la circolazione fuori dai centri abitati, in realtà troviamo sostanzialmente tutte le disposizioni poi riprese dal successivo art. 7, con la differenza però che nei commi 1 e 2 l’autorità preposta ad adottare i provvedimenti è il Prefetto, mentre nel comma 4 è l’ente proprietario della strada, che, nel caso di strada comunale, coincide appunto col Comune.
L’art. 6 c. 4 lett. d, specificamente, riflette sul Sindaco la facoltà di “vietare o limitare o subordinare al pagamento di una somma il parcheggio o la sosta dei veicoli”, facoltà questa che viene ripresa e più specificamente normata dal successivo art 7 c. 1 lett. f che abbiamo già dettagliatamente analizzato.
Gli interessi economici
Ora, dopo che una superficiale interpretazione di tali norme ha fatto si che un massiccio ricorso all’istituzione delle soste a pagamento negli ultimi anni mettesse in moto mastodontici interessi economici, alcuni tentano, con una forzata giustificazione giuridica a posteriori, di farne risalire la legittimità su una presunta differenza semantica tra i termini “parcheggio” e “sosta” utilizzati nell’art. 6 c. 4, attribuendo al termine parcheggio il significato di sosta all’interno di un area di parcheggio, ed al termine sosta quella effettuata sul margine della carreggiata secondo i dettami dell’art. 157 C.d.S.In tal modo vengono di fatto aggirate tutte le precise disposizioni che limitano la sosta a pagamento solo alle aree di parcheggio con le caratteristiche che abbiamo già analizzato, per estenderla a tutti i siti in cui è possibile effettuare la sosta.
Ma tale distinzione è sicuramente una forzatura ingiustificata, e per diverse ragioni. Innanzitutto sul piano linguistico, perché se è vero che il sostantivo “parcheggio” indica indifferentemente sia il luogo fisico in cui si effettua il parcheggio che l’atto del parcheggiare, è pur vero che nella lingua italiana i sostantivi “parcheggio” e “sosta”, quali nominalizzazioni rispettivamente dei verbi “parcheggiare” e “sostare”, vengono indifferentemente usati per indicare l’azione di sospendere la marcia di un veicolo lasciandolo fermo per un periodo di tempo indeterminato, anche con l’allontanamento del conducente dallo stesso, a prescindere dal sito scelto. Diversamente si potrebbe dire, parafrasando la faceta definizione del noto caratterista Nino Frassica, che “si parcheggia nel parcheggio e si sosta nel sosteggio!”
La nullità delle multe
Siccome la faccenda che stiamo trattando è alquanto più seria, torniamo a considerarne gli aspetti giuridici, e ci accorgiamo che anche il Codice della Strada stesso usa indifferentemente i due termini come sinonimi, anche quando deve definire il “parcheggio” nella sua accezione di luogo fisico con determinate caratteristiche. Infatti, anche la stessa definizione di “parcheggio” che troviamo nell’art. 3 C.d.S. è espressa in termini di “area destinata alla sosta dei veicoli”, mentre il già citato art. 2 c. 3 recita che “per la sosta sono prevista apposite aree esterne alla carreggiata”.Assodato quindi che la sosta non si effettua solo sulla carreggiata, perché anche l’atto di parcheggiare all’interno di un area di parcheggio può essere definita “sosta”, appare chiaro che laddove l’art. 6 c. 4 C.d.S. indica “il parcheggio o la sosta dei veicoli” in realtà sta usando due sinonimi in senso tautologicamente rafforzativo, e che la “o” che li unisce è usata in questo caso come congiunzione senza alcun valore disgiuntivo.
Non vi è pertanto alcun motivo obiettivamente valido, né giuridico né di altra natura, che possa invalidare le precise disposizioni in materia di sosta a pagamento contenute nel successivo art. 7 del Codice della Strada.