Tolleranza strumentale, omologazione e approvazione dell’autovelox

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Tutti gli strumenti utilizzati per misurare la velocità dei veicoli devono essere omologati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ciascun decreto di omologazione prevede l’obbligo a carico della pubblica amministrazione di effettuare controlli periodici sui dispositivi al fine di verificarne il corretto funzionamento, secondo quanto dichiarato dai costruttori nel libretto-manuale d’uso e con cadenza almeno annuale.
Alla velocità riscontrata dal dispositivo deve essere applicata una riduzione a favore del trasgressore pari al 5% del valore rilevato, con un minimo di 5 km/h. Lo scopo di questa riduzione percentuale è ovviare a possibili lievi e fisiologici errori di rilevazione.

Come detto poche righe più su, tutti gli autovelox devono essere omologati. A stabilire questo principio è, in particolare, l’art. 142, comma VI del Codice della Strada, che fa espresso e preciso riferimento al decreto di omologazione. Molti Comandi di Polizia Municipale, tuttavia, dichiarano di utilizzare non autovelox omologati, ma approvati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Omologazione e approvazione

C’è differenza, quindi, tra omologazione e approvazione?
Quello della differenza tra approvazione è omologazione è un punto che in passato è stato abbastanza dibattuto. C’era chi sosteneva che tra i due termini non vi fosse alcuna differenza e che, quindi, indifferentemente il legislatore in modo generico talvolta utilizzasse il termine omologazione e altre volte invece utilizzasse il termine approvazione. E c’era invece chi, come noi, ha sempre sostenuto che i due termini non potevano essere utilizzati in modo promiscuo perché si riferivano a due istituti (l’approvazione e l’omologazione) tra loro assolutamente differenti. Col tempo la giurisprudenza ci ha dato ragione, per cui oggi possiamo sostenere con certezza che un autovelox approvato non equivale, non è, un autovelox omologato.

Il ricorso

Ecco la motivazione da poter inserire nel ricorso per sostenere la nullità del verbale, in quanto l’infrazione sarebbe stata rilevata mediante un dispositivo privo di omologazione

§ Illegittimità dell’accertamento avvenuto mediante dispositivo approvato ma non omologato: Il verbale oggetto dell’odierna contestazione reca l’attestazione secondo cui il dispositivo utilizzato per la rilevazione dell’infrazione sarebbe stato approvato mediante decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Viceversa, il verbale non reca traccia alcuna dell’avvenuta omologazione del dispositivo, in violazione di quanto prescritto dall’art. 142, comma 6, del Codice della Strada, il quale testualmente prevede che: “Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate”.
Ove, sulla scorta della solo apparente promiscuità con cui il legislatore sembra utilizzare talvolta il termine “omologazione” e talaltra il termine “approvazione”, come se si trattasse di sinonimi, e si volesse, quindi, sostenere la legittimità del verbale in virtù della equiparabilità della omologazione alla approvazione, giova ricordare che l’art. 192 del Regolamento di Attuazione al Codice della Strada, ai commi 2 e 3, specifica la netta distinzione che separa i due differenti istituti giuridici.
I particolare, l’omologazione consegue al positivo accertamento (da parte del Ministero dei Lavori Pubblici), che il dispositivo per il quale l’omologazione è richiesta sia conforme alle prescrizioni stabilite dal regolamento medesimo. Viceversa, l’approvazione consegue ad una richiesta per la quale il Regolamento non prevede che siano rispettate caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni.
Da tutto quanto appena detto ed esaminato, ne consegue l’assoluta nullità del verbale impugnato, in quanto riferito ad una presunta violazione rilevata mediante dispositivo non omologato, in dispregio a quanto previsto dall’art. 142, comma 6, del Codice della Strada.
Sul punto si susseguono da tempo numerose sentenze dei giudici di merito (ex multis Sentenza del Giudice di Pace di Milano del 11.02.2019, Sentenza del Giudice di Pace di Alessandria n. 64/2019, Sentenza del Giudice di Pace di Alessandria n. 341/2019), alle quali di recente si è aggiunta la pronuncia di legittimità con cui la Corte di Cassazione ha ribadito, tutto quanto appena sostenuto (Ordinanza n. 10505 del 18 aprile 2024).
È facile prevedere che l’amministrazione opposta nelle proprie eventuali controdeduzioni, nell’intento di smentire quanto fino ad ora sostenuto, citi un il parere espresso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (parere distinto da prot. n. 34505/2010) secondo cui vi sarebbe equivalenza sostanziale tra omologazione e approvazione. Citando testualmente il suddetto parere, l’art. 142 comma 6 del C.d.S. andrebbe “letto in connessione con l’art. 45 comma 6 del C.d.S., ove si fa riferimento esplicito ai mezzi tecnici atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni, per i quali è prevista la procedura dell’approvazione ovvero dell’omologazione, secondo le modalità indicate dall’art. 192 del regolamento di esecuzione e Attuazione”. Al di là del tentativo di mistificazione, è evidente che il citato art. 45 comma 6 del C.d.S. non opera alcuna equiparazione tra approvazione e omologazione. Al contrario, esso distingue nettamente i due termini, così come meritevoli di essere appunto distinti, giacché intende riferirsi a tutti i “mezzi tecnici atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni”, taluni dei quali destinati ad essere omologati (i dispositivi per il controllo della velocità, appunto) e altri per i quali è sufficiente la semplice approvazione. Se, sotto il punto di vista sostanziale, il parare ministeriale si richiama ad una norma che non fa che rafforzare l’eccezione di nullità di cui si discute, sotto il punto di vista formale occorre osservare che i pareri ministeriali, in quanto tali, non sono annoverati tra le fonti del diritto e non hanno alcuna valenza normative, men che meno hanno, pertanto, facoltà di derogare o abrogare leggi dello Stato (quale appunto il Codice della Strada e il relativo, già citato art. 142, comma 6).

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