La Quarta Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza su indicata ha affermato dunque la rilevanza dei “centesimi” in fase di riscontro del tasso alcolico rilevato durante le operazioni di “alcol test”.
Prima di dilungarci nella disamina della sentenza, esaminiamo esattamente quanto era accaduto.
Questa interpretazione della norma non è stata ritenuta fondata dalla Suprema Corte che ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processali.
La modifica dell’art. 186 del Codice della Strada, con l’indicazione di differenti fattispecie incriminatici, con progressivo incremento della gravità delle sanzioni applicate, è stata voluta dal legislatore con l’intento di arginare il fenomeno della guida in stato di alterazione correlata all’uso smodato di alcolici.
In quest’ottica sarebbe pertanto contraddittorio ritenere che il legislatore, indicando una sola cifra decimale, avesse inteso negare valenza ai centesimi, come implicitamente aveva affermato il ricorrente con il prospettare che tali valori numerici non valgono a far superare la soglia.
La sensibilità degli strumenti utilizzati per l’accertamento urgente del tasso alcolemico, con ricorso agli etilometri, era ben nota al legislatore al momento dell’adozione della modifica normativa, il quale non poteva ignorare che i valori dell’alcolemia erano rilevati con esattezza e approssimati al centesimo di grammo/litro. Pertanto l’opzione di procedere ad una misurazione in centesimi, anziché in decimi di grammo/litro, attraverso misuratori cosi precisi e sofisticati, corrisponde ad una scelta normativa del tutto intenzionale.
Di qui la consequenziale affermazione del principio di diritto, allineato al conforme orientamento giurisprudenziale, secondo il quale in tema di guida in stato di ebbrezza, ai fini del superamento delle soglie di punibilità, assumono rilievo anche i valori centesimali.