In materia di guida in stato di alterazione psico-fisica causato dall’assunzione di stupefacenti, occorre distinguere con attenzione la fattispecie descritta dall’art. 187 C.d.s.
Si configura infatti il reato ivi descritto solamente quando il soggetto guidi effettivamente in condizioni alterate per effetto delle droghe assunte, pertanto non è sufficiente la semplice assunzione di sostanze per contestare il reato.
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3623 del 2016, IV Sez. Penale.
Si configura infatti il reato ivi descritto solamente quando il soggetto guidi effettivamente in condizioni alterate per effetto delle droghe assunte, pertanto non è sufficiente la semplice assunzione di sostanze per contestare il reato.
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3623 del 2016, IV Sez. Penale.
Nello specifico l’imputato aveva presentato ricorso per cercare di ottenere la rideterminazione della condanna subita in considerazione del fatto che l’esame clinico, a cui era stato sottoposto durante le operazioni di accertamento, non aveva provato che l’assunzione delle droghe fosse avvenuta subito prima di iniziare la guida oppure nei giorni precedenti.Proprio sulla base di queste circostanze il ricorso viene accolto.
I giudici infatti ritengono fondamentale fare la seguente distinzione: mentre per la guida in stato di ebbrezza (art. 186 C.d.s.) è sufficiente l’accertamento del superamento del limite consentito o anche solo la prova sintomatica (alito vinoso, equilibrio precario, occhi lucidi ecc.), per la guida sotto l’effetto di stupefacenti (art. 187 C.d.s.) ciò non basta; l’effetto dell’assunzione delle droghe sulla capacità di mettersi alla guida del contravventore deve essere infatti riscontrato sia mediante accertamento tecnico-biologico sia mediante il comprovato riscontro di circostanze che provino lo stato di alterazione.