Lo sconto del 30% si ferma al 31 maggio

rateizzazione

Questa è la novità, come al solito a scapito degli utenti, che piomba inaspettata a seguito della
pubblicazione del D.L. n. 34 del 19.05.2020.

Inaspettata, perché la bozza del decreto prevedeva una proroga di questa modalità sino alla fine dello stato di emergenza, quindi il 31 luglio.
Dal 31 maggio, invece, si ritornerà, alla possibilità di pagare la sanzione con lo sconto del 30% entro i canonici, ristrettissimi 5 giorni dalla data di notifica del verbale.

Cosa comporta questo, per chi dovrà sborsare la sanzione pecuniaria?
La situazione è ovviamente ingarbugliata, a causa dei decreti che si sono susseguiti, cancellando e
confermando articoli di continuo.
Ricordiamo, allora, cosa prevede l’art.108 comma 2 del decreto Cura Italia: le multe notificate dal 17 marzo al 31 maggio prevedevano il pagamento della misura ridotta entro 30 giorni, invece che 5. Ciò vuol dire che chi ha ricevuto un verbale in questo periodo di tempo potrà sfruttare l’agevolazione appunto fino al 31 maggio. Dopodiché, tutto tornerà nella norma: ossia, pochissimo tempo per pagare.

Volendo trovare una spiegazione a questa penalizzazione, che di fatto toglie a un gran numero di cittadiniun aiuto fondamentale durante questo periodo di emergenza che ancora perdura, ci viene in risposta l’ASAPS – associazione amici polizia stradale. I loro uffici confermano che la situazione così labirintica, tra commi, bozze, ordinanze e decreti, fosse di intralcio al lavoro della Polizia Stradale e nella seguente comunicazione con i cittadini. Insomma, era estremamente difficile barcamenarsi in questa foresta di articoli, per cui è stata direttamente presa la decisione di annullare qualsiasi proroga, e di tornare alla situazione precedente al covid-19. Peccato però che questa non sia affatto tornata alla normalità: le multe continuano a fioccare, e spesso i postini decidono di non recapitarle a mano, ma di lasciare solo l’avviso di giacenza, costringendo gli intestatari ad affrontare file interminabili alle Poste per riuscire a ritirarli.

È stata questa la scelta giusta e a tutela del cittadino? Ai posteri l’ardua sentenza (ma forse anche un po’ prima).

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