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Ancora a distanza di giorni si fa tanto parlare di Fleximan. Noi ci siamo sforzati fino ad oggi di non dedicare spazio a questo argomento, perché il nostro obiettivo è offrire informazioni utili, di carattere tecnico e giuridico, ma la piega che sta assumendo il dibattito pubblico su questo tema, ci pare necessiti di qualche chiarimento.
Il danno alla collettività
Per dirla in breve, e senza scomodare le opinioni personali di chi scrive, anche gli odiosissimi autovelox sono beni pubblici, acquistati con il danaro della collettività. Abbattendoli non si danneggia quel sindaco odioso di quel comune odioso, che fa più multe che abitanti. Nossignore, si danneggiano direttamente quegli abitanti, che non solo hanno dovuto sostenere il costo dell’autovelox, poi quello delle multe, e poi, come se non bastasse, dovranno ripagare anche per il nuovo autovelox, che andrà a sostituire quello abbattuto dal Fleximan di turno.
Quindi, senza starci troppo a filosofeggiare, Fleximan e tutti i suoi emulatori, vanno direttamente rubricati sotto un’unica voce: vandali.
L’espressione di un disagio
A volerci trovare qualcosa di buono, c’è da dire che questa moda di buttar giù gli autovelox è per lo meno espressione di un disagio: i limiti di velocità sono insostenibili e le strade sono disseminate di rilevatori. Insomma, il sospetto che gli autovelox servano solo per far cassa e non per tutelare la sicurezza pubblica è sempre più concreto.
A questa domanda ha cercato di rispondere il video pubblicato ieri dal noto canale Youtube Geopop, che si intitola proprio così: “Caso Fleximan: gli autovelox servono solo per fare cassa, oppure ci salvano la vita?” (Lo potete trovare qui di seguito)
Geopop è certamente un canale meritevole di grande stima per la qualità dei contenuti prodotti e di grande rilevanza per il numero di spettatori che raccoglie. Grande qualità, grandi spettatori, ma questa volta ha sbagliato il tiro e ci pare opportuno fare qualche precisazione.
Analisi del video
Nella parte iniziale del video si esamina, grafici alla mano, l’incremento esponenziale degli autovelox installati lungo le nostre vie nel corso degli ultimi anni: vent’anni fa erano meno di duemila e oggi sono circa undicimila. Questo dato fa collocare il nostro bel paese al primo posto in Europa per numero di autovelox. Finalmente abbiamo il primo posto in qualcosa, ma in realtà neanche in questo. Il bravo Andrea Moccia (che dà voce al video di cui stiamo parlando) ci ammonisce: in realtà non bisogna guardare al numero assoluto (ovvero ai circa 11mila autovelox), ma al rapporto tra autovelox e la superficie su cui essi sono collocati. In realtà cambia poco: passiamo dal primo al terzo posto in Europa, ma tanto’è.
I dati iniziano a farsi interessanti e più discutibili quando il grafico si arricchisce di una nuova linea che “dimostra” come all’aumentare del numero di autovelox corrisponde una diminuzione del numero di morti sulle strade, come se un fattore fosse conseguenza dell’altro. La contraddizione logica è talmente evidente che anche la relatrice (perché nel frattempo la parola è passata alla matematica Maria Bosco) non si sottrae dall’ammettere che in realtà molti altri fattori possono incidere sulla diminuzione del numero di morti sulle strade (maggiore sicurezza dei veicoli, maggiore sensibilità da parte di chi guida, migliori condizioni della viabilità in generale, ecc). Quindi che senso ha tutto ciò di cui si è parlato nel video (e fino ad ora in questo stesso articolo!)? Nessun senso. Prendete tutto quello che avete sentito e buttatelo via.
Si passa quindi alle considerazioni finali, quando la parola ritorna al buon Andrea Moccia, che ritorna sulla domanda: “allora gli autovelox servono solo per fare cassa, oppure ci salvano la vita?”
La tesi di Geopop
La sua tesi è che, salvo eccezioni, gli autovelox servano senz’altro a salvare la vita. E le eccezioni sono da imputare alla circostanza che le amministrazioni abbiano occasionalmente violato la legge. Nel video si fa l’esempio del Comune di Cavallino, che ha emesso un numero esorbitante di multe, semplicemente perché non ha rispettato la distanza (di un chilometro) che per legge deve separare il segnale di limite di velocità dall’autovelox. Per il resto la legge è buona giusta e prevede anche l’obbligo di preavviso per evitare che le persone inchiodino alla vista dell’autovelox e possano causare incidenti.
Insomma, vi ho fatto un breve riassunto, ma se vi va un tuffo nell’ingenuità avete di che scegliere tra una puntata dei Teletubbies e il video in questione.
La nostra opinione
Quel che Andrea trascura (nulla di imperdonabile perché non è un addetto ai lavori), è che da sempre Stato ed Enti Locali giocano al gatto e la volpe sulle spalle dei cittadini. Gli enti locali sono continuamente in cerca di nuovi sistemi per far cassa e lo Stato un po’ lascia correre (in qualche modo dovranno pur finanziarsi) e un po’ li bastona (limitando la libertà di fare il farwest con gli autovelox). Per renderci conto di quel di cui stiamo parlando dobbiamo guardare un po’ indietro nel tempo, ai primi anni duemila, quando scoppiarono numerose inchieste su autovelox e t-red truccati, con tanto di indagini della guardia di finanza, dispositivi messi sotto sequestro e comandanti di polizia finiti in manette. È proprio da quest’humus che germogliano il Decreto Legge Bianchi del 2007 (che impone la presegnalazione degli autovelox), la direttiva Maroni del 2009 (che impone la visibilità degli autovelox) e la stessa legge n.120/2010 (che impone la distanza di un chilometro tra autovelox e segnale di limite, la stessa legge violata dal Comune di Cavallino di cui si diceva qualche riga più su).
Quel che si vuol dire è che comportamenti moralmente scorretti hanno avuto necessità di essere normati dallo Stato affinché le sue stesse diramazioni (gli Enti Locali appunto) limitassero l’uso distorto di questi strumenti. E sono proprio questi continui limiti all’uso indiscriminato che hanno comportato la necessità, per i comuni, di installarne su ogni via, in una quantità semplicemente folle (ricordatevi che abbiamo il podio in Europa!), per riuscire a rastrellare il danaro necessario per le loro scellerate e disgraziate amministrazioni.
Chi se ne frega dei morti ammazzati sulle via: “se tu stato mi obblighi a presegnalare gli autovelox e poi mi vieti di nasconderli dietro le frasche e poi mi vieti di metterli un metro dopo il segnale che abbassa il limite di velocità, allora finisce che io, piccolo comune di 30mila abitanti, di autovelox sarò costretto a metterne venti dove ne sarebbe bastato uno e a mettere il limite di 45 su una superstrada a due corsie per senso di marcia (altrimenti come faccio a distribuire incarichi per consulenze esterne a tutti i familiari dei dirigenti del comune fino al terzo grado di parentela?!)“. E questo è esattamente il punto in cui ci troviamo.
Ma non basta, perché per raccontarla tutta, dovremmo parlare della fine che fanno i soldi destinati alle multe. Perché mai i comuni dovrebbero aver tanta sete di soldi se la loro destinazione è vincolata?
Lo spieghiamo in quest’articolo, in cui parliamo della destinazione dei proventi delle multe.