Autovelox non omologati: gli accoglimenti sovversivi delle Prefetture

Abbiamo pubblicato appena qualche giorno fa la circolare con cui il Ministero dell’Interno ha dato istruzioni alle Prefetture sulle linee difensive a cui attenersi nei giudizi di opposizione innanzi ai Giudici di Pace avverso i verbali per accesso di velocità, in merito alla questione attinente alla distinzione tra omologazione e approvazione degli autovelox.

La linea difensiva della pubblica amministrazione in definitiva è sempre la stessa: ribadire che i termini “approvazione” e “omologazione” siano stati utilizzati dal legislatore in modo promiscuo, senza che essi si riferiscano effettivamente ad istituti giuridici differenti. 

Torniamo, quindi, sull’argomento per un paio di brevi riflessioni, con finale a sorpresa.

Il riassunto delle puntate precedenti

Prima, però,  facciamo un riassunto sulle puntate precedenti per chiarire la questione ai “non addetti ai lavori”. 

Per dirla in breve, il Codice della Strada prevede espressamente che gli autovelox siano omologati, mentre al contrario nella totalità dei casi essi sono stati semplicemente approvati. Da sempre nei nostri ricorsi evidenziamo questa grave contradditorietà, ma inizialmente con alterne fortune: in alcuni giudizi ci veniva dato ragione e le multe venivano annullate, e in altri accadeva l’opposto. Sul punto ha sempre, in passato, deciso il caso (o meglio l’arbitrarietà dei Giudici o delle Prefetture chiamate a decidere), fino a quando la Cassazione ha posto fine ad ogni indecisione: la regola è che gli autovelox devono essere omologati, esattamente come prescritto dal Codice della Strada, e la semplice approvazione non può ritenersi sufficiente.

Terminata la digressione, torniamo alla circolare e alle due riflessioni di cui dicevamo all’inizio.

La prima riflessione

La prima riflessione attiene alla recente riforma del Codice della Strada. Quale migliore occasione il governo avrebbe avuto per cambiare le regole del gioco: insomma anziché provare a cambiare l’interpretazione da dare alla legge, avrebbero potuto cambiare direttamente la legge. Lì dove il Codice prescrive che gli autovelox debbano essere omologati, sarebbe bastato sostituire il termine “omologati” con “approvati” e non staremmo neanche più qui a discuterne.

Perché non lo abbiano fatto, non lo sappiamo neanche noi, ma le ipotesi sono due: la prima attiene alla semplice incuria, alla sciattezza con cui vengono scritte le leggi che governano il vivere del nostro paese (e che lo hanno ridotto nella condizione rovinosa in cui attualmente versa).

La seconda ipotesi riguarda, invece, la consapevolezza, che sostituire quei due termini in una norma significherebbe stravolgerne altre cento, perché, in fondo, anche chi governa sa che omologazione a approvazioni sono istituti differenti, per nulla concettualmente assimilabili. Diciamo “chi governa”, perché, posto in questi termini, il conflitto è tutto interno ai due Ministeri: quello delle Infrastrutture e dei Trasporti che sovrintende alla riforma del Codice della Strada e quello dell’Interno, che vuole spiegarci come interpretare le norme che il primo (avrebbe potuto, ma) non ha voluto modificare.

La seconda riflessione

Dicevamo che le riflessioni sono due (poi c’è il finale a sorpresa).

La seconda, guarda alla circostanza che questa circolare parte del Ministero dell’interno ed è diretta alle Prefetture, come dicevamo all’inizio, per predisporre delle linee difensive univoche e coerenti per i giudizi in cui le stesse Prefetture sono coinvolte, ogni qual volta un cittadino impugna una multa per eccesso di velocità, innanzi al Giudice di Pace.

La circolare, tuttavia, trascura che i ricorsi possono essere rivolti non solo in via giurisdizionale ai Giudici di Pace, ma anche, in via amministrativa, alle stesse Prefetture, che, pur restando organi dell’apparato della Pubblica Amministrazione, in queste ipotesi rivestono ruolo di giudicante in senso sostanziale: come “giudici in senso sostanziale” le Prefetture dovrebbero essere libere di assumere le proprie decisioni, a prescindere dall’apparato di appartenenza. 

Io cittadino, se impugno una multa per eccesso di velocità sulla scorta di una decisione assunta dalla  Suprema Corte di Cassazione, devo immaginare (ma appunto è solo una fantasia) di potermi indifferentemente avvalere dell’una o dell’altra via che l’ordinamento mi riconosce, Prefetto o Giudice di Pace. Ma con quale serenità posso rivolgermi alla Prefettura, se già so che la Prefettura è stata imboccata dal Ministero, con le sue astruse tesi difensive?

Il finale a sorpresa

Dicevamo che c’è un finale a sorpresa ed eccolo servito con l’ordinanza che alleghiamo a fine articolo. È in particolare un’ordinanza della Prefettura di Ascoli Piceno, ma non è ovviamente unica nel suo genere, ma solo una delle tante che stiamo ricevendo, di egual tenore: ordinanze con cui  le Prefetture, ignorando le decisioni imboccate dall’apparato, decidono secondo diritto (come dovrebbe appunto succedere in un paese normale) e, seguendo l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione, accolgono i ricorsi e annullano i verbali per eccesso di velocità, in quanto l’infrazione risulta rilevata con autovelox non omologati.

Morale della storia

Per quel che qui più semplicemente ci può interessare, la morale della storia è che: sia facendovi assistere da noi o con il patrocinio del vostro Avvocato di fiducia, che sia al Prefetto o al Giudice di Pace, se avete ricevuto una multa per eccesso di velocità, sappiate che potete e dovete impugnarla, perché stavolta è direttamente la Cassazione a darvi ragione. Per noi è una bella notizia, come è una bella notizia ogni ordinanza o sentenza di accoglimento che riceviamo. Resta, però, lo sconforto di un paese con leggi scritte male e interpretate peggio, con Ministeri che parlano lingue diverse (o attribuiscono significati diversi alle stesse parole), con organi della pubblica amministrazioni che si sovrappongono ad altri privandoli dell’autonomia che dovrebbero conservare.

prefettura ascoli piceno
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