Guida con patente revocata

È illegittimo condannare il conducente per aver guidato con patente revocata se manca l’accertamento dell’intervenuta revoca presso la Motorizzazione Civile.
Pronunciandosi su una vicenda in cui il tribunale aveva affermato la penale responsabilità di un conducente per il reato di guida con patente revocata, la Corte di Cassazione (con sentenza n. 44820 del 2015), in accoglimento della tesi sostenuta dalla difesa, ha riconosciuto il difetto di prova di un elemento costitutivo del reato in esame laddove non era stata acquisita la prova dell’intervenuta revoca della patente di guida formalizzata presso la Motorizzazione Civile.
È opportuno ricordare che il codice della strada disciplina in tre diverse norme la revoca della patente di guida. Innanzitutto l’art. 130 C.d.s. sotto la rubrica “Revoca della patente di Guida” stabilisce che la patente di guida è revocata dai competenti uffici del Ministero per i trasporti terresti nei seguenti casi:a) Quando il titolare non sia in possesso, con carattere permanente, dei requisiti psichici e fisici;
b) Quando il titolare, sottoposto alla revisione di cui all’art. 128 C.d.s., risulti non più idoneo;
c) Quando il titolare abbia ottenuto la sostituzione della propria patente con altra rilasciata da Stato estero.

L’altra norma di riferimento è l’art. 219 C.d.s. che, sotto la rubrica “Revoca della patente di guida” prevede che quando è prevista la revoca della patente, il provvedimento è emesso dal competente Dipartimento per i trasporti terrestri, nei casi previsti dall’art. 130, comma 1, del C.d.s., e dal prefetto del luogo della commessa violazione quando la stessa revoca costituisce sanzione amministrativa accessoria. Nell’ipotesi che la revoca della patente costituisca sanzione accessoria, l’organo, l’ufficio o comando che accerta l’esistenza di una delle condizioni per le quali la legge la prevede, entro i 5 giorni successivi, né da comunicazione al prefetto del luogo della commessa violazione. Quest’ultimo, previo accertamento della sussistenza delle condizioni, emette ordinanza di revoca e consegna immediata della patente alla prefettura, anche tramite l’organo di Polizia incaricato dell’esecuzione. Dell’Ordinanza si da comunicazione al competente ufficio del Dipartimento Trasporti Terrestri.

Infine l’art. 116, comma 15, del C.d.s. punisce con l’ammenda da € 2.257,00 ad € 9.032,00 i conducenti che guidano senza patente perché revocata o non rinnovata, precisando che nell’ipotesi di recidiva nel biennio si applica altresì la pena dell’arresto fino ad un anno, attribuendo la competenza per le relative violazioni al tribunale in composizione monocratica.
In giurisprudenza non si era ancora posto il problema della prova dell’avvenuta revoca della patente di guida e quindi la Cassazione, con la sentenza in esame, affronta per la prima volta questa fattispecie.

Il Tribunale aveva affermato la responsabilità penale del conducente di un veicolo contestando il reato di cui all’art. 116, comma 13 C.d.s.; la difesa in particolare aveva dedotto la carenza di prova, rispetto alla sussistenza del reato, osservando che al conducente di contestava di essersi posto alla guida di un veicolo senza patente, in quanto revocata, e che sul punto, in giudizio, non fosse stata acquisita la prova dell’intervenuta revoca della patente. A sostegno di questo assunto il conducente sottolineava che l’agente verbalizzante, escusso in giudizio, aveva ammesso che non erano stati effettuati controlli al riguardo presso la Motorizzazione Civile ma solamente tramite i terminali della Polizia di Stato.
L’imputato inoltre evidenziava che lo stesso giudice si era avveduto della predetta lacuna probatoria ed aveva osservato che nella motivazione della sentenza impugnata, il Tribunale non aveva mancato di sottolineare che la Procura avrebbe ben potuto acquisire documentazione più precisa dalla Motorizzazione Civile.
Evidenziatosi dunque che in sede di merito non sono emerse convincenti indicazioni idonee a ritenere, in termini di certezza, che fosse intervenuta la revoca della patente di guida nei confronti dell’imputato, la Cassazione ha dunque confermato la sussistenza di una lacuna motivazionale da cui è derivato l’annullamento della sentenza impugnata.

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