Una recente interessante ordinanza della Cassazione (Cass.ord. n. 22556/14 del 23.10.14) interviene sul tema delle spese processuali, ovvero delle spese che ciascuna parte dovrà sostenere nel corso del giudizio, in particolare per la retribuzione del proprio avvocato difensore. Il pagamento delle spese legali rappresenta spesso un valido motivo per desistere dal far valere le proprie ragioni e ricorrere agli strumenti di giustizia, nel fondato timore che essere possano addirittura essere superiori alla materia del contendere o, nel nostro caso, all’ammontare della sanzione comminata con la multa.
In teoria, come regola generale (maggiormente riaffermata anche in occasione delle recenti riforme), il pagamento delle spese legali dovrebbe seguire la soccombenza, nel senso che a pagare le spese anche della controparte dovrà essere la parte soccombente. Sempre più spesso, tuttavia, i giudici di merito derogando a questa regola generale, preferiscono compensarle, nel senso che ogni parte si farà carico delle proprie a prescindere dall’esito del giudizio, nel probabile proposito di assumere decisioni meno drastiche.
Su questo solco incide l’ordinanza di cui oggi trattiamo. I Giudici della Cassazione hanno, infatti, inteso ribadire il principio, specie nel caso in cui l’annullamento della multa riguardi macroscopici vizi formali, per far valere i quali sarebbe altrimenti sostanzialmente ingiusto che il cittadino si debba far carico di onerose spese legali.