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È appena il caso di soffermarci su una breve precisazione terminologica: sebbene il termine “autovelox” sia comunemente ed indifferentemente utilizzato per indicare qualsiasi dispositivo omologato per la rilevazione degli eccessi di velocità, in realtà, la parola “autovelox” nasce, come marchio registrato, nel lontano 1972, dalla società Sodi Scientifica, per dar nome ad una propria categoria di prodotti (rivolti appunto alla misurazione delle velocità). La larga diffusione di questi dispositivi ha fatto sì che il nome commerciale si affermasse come sostantivo entrando così a far parte impropriamente del vocabolario comune. Ciò premesso, anche nelle pagine di ricorsi.net utilizziamo il termine autovelox promiscuamente nella sua più diffusa accezione, senza specifico riferimento al marchio originariamente registrato dalla Sodi Scientifica.
Le diverse tipologie di autovelox
Gli strumenti utilizzabili per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità si possono distinguere, quanto a modalità di accertamento in:
- dispositivi per l’accertamento della velocità istantanea o puntuale;
- dispositivi per l’accertamento della velocità media, questa categoria rientrano principalmente i così detti tutor (più tecnicamente indicati come SICVe, nei verbali emessi dalla polizia stradale), di cui è disseminata tutta la rete autostradale in Italia. Ai tutor Sicve abbiamo dedicato questo specifico approfondimento tutor (sicve).
Ovviamente sarà ulteriormente possibile distinguerli tra autovelox fissi e autovelox mobili e questa distinzione può in alcuni casi connotare la legittimità o meno delle modalità attraverso le quali è effettuato l’accertamento dell’infrazione, come per il caso degli autovelox fissi che possono essere utilizzati nelle strade urbane solo se rispettando delle specifiche condizioni.
Infatti, è principio ormai pacifico che nei centri urbani le forze dell’ordine possano utilizzare gli autovelox mobili alla presenza degli agenti accertatori. Gli autovelox fissi possono, invece, essere utilizzati solo (previo decreto prefettizio) lungo le strade urbane di scorrimento.
Ma quali sono esattamente e come si identificano le strade di scorrimento? A questa domanda ha dato recentemente risposta la Corte di Cassazione, con una sentenza che potrebbe aprire la porta a numerosi ricorsi. Ne parliamo in quest’articolo, che ti consigliamo di leggere.
I telelaser
Per le loro specifiche e particolari caratteristiche di rilevamento, meritano di essere citati i telelaser, a cui abbiamo dedicato uno specifico approfondimento, in quest’articolo telelaser
Fanno, infine, categoria a sé stante i così detti “autovelox ad inseguimento”. Tra questi è largamente diffuso un particolare tipo di dispositivo adibito alla rilevazione degli eccessi di velocità, omologato con il nome di Provida 2000. Questi dispositivi differiscono dagli altri modelli, poiché essi funzionano, appunto, ad inseguimento, in quanto sono installati direttamente a bordo dei veicoli delle forze dell’ordine, che seguono, durante la marcia, i veicoli oggetto della rilevazione, elaborando una videoregistrazione dell’accertamento. Tale modalità non consente, pertanto, né che la presenza del dispositivo possa essere resa visibile, né che possa essere presegnalata secondo le modalità appena illustrate. Ciò malgrado l’uso di questi dispositivi, sebbene essi non siano né visibili né presegnalati, è da considerarsi pienamente legittimo.
L’art. 3 della già citata Direttiva Maroni ha, infatti, previsto che le disposizioni dettate degli articoli 1 e 2 del medesimo provvedimento, in materia appunto di presegnalazione e visibilità degli autovelox, «non si applicano per i dispositivi di rilevamento della velocità installati a bordo di veicoli per la misura della velocità in maniera dinamica, ovvero ad inseguimento».