Come fare ricorso e come funziona il telelaser

Con il termine telelaser ci si riferisce genericamente ad una particolare categoria di autovelox, il cui funzionamento è caratterizzato dall’immediata elaborazione della velocità misurata e dall’assenza di riscontri fotografici che abbiano ad oggetto il veicolo su cui il rilevamento è stato effettuato. Proprio per tali particolari funzionalità, le infrazioni rilevate con telelaser sono generalmente contestate immediatamente al trasgressore, cui viene rilasciato uno “scontrino” stampato dal dispositivo in cui è indicata la velocità rilevata, la distanza del rilevamento, la data e l’ora. Uno dei modelli di telelaser più diffuso è quello contraddistinto dalla sigla “LTI2020”, in dotazione sia alla Polizia Stradale, sia a diverse polizie municipale.

Sulla base delle già descritte modalità di funzionamento, in sede di opposizione, potrà, quindi, essere utile sostenere la scarsa attendibilità della rilevazione effettuata con apparecchiatura telelaser, soprattutto in condizioni di inteso traffico, poiché tale dispositivo elettronico non consente di poter verificare ex post la sussistenza della violazione «in modo chiaro ed accertabile», come prescrive l’art. 345, comm 1, del Regolamento di attuazione del codice della strada.

Come già anticipato, infatti, l’accertamento effettuato con telelaser non è in grado di offrire alcun riscontro certo circa il veicolo che avrebbe commesso l’infrazione, dal momento che per un banale e comune errore umano, gli agenti potrebbero aver contestato la violazione ad un veicolo diverso da quello che l’abbia invece concretamente commessa.

Riprendiamo quanto previsto dal legislatore nel già citato art. 345, comm 1, del Regolamento di attuazione del codice della strada:

«le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell’utente».

Dal tenore testuale della norma, può desumersi come il telelaser non offra quel requisito  di accertabilità oggettiva che è invece previsto dalla legge. L’”accertabilità”, infatti, non è tale se non è oggettiva, se cioè essa non è riscontrabile da chiunque sia posto nella condizione di verificare le risultanze dell’accertamento. Per tali aspetti, può quindi ritenersi che l’accertamento effettuato con l’ausilio di telelaser difetti di tali elementi, dovendo sopperire ad essi unicamente la valutazione soggettiva e potenzialmente fallace dell’agente accertatore. Il tema, pertanto, riguarda l’inattendibilità dell’accertamento perché effettuato in condizioni tali da esporre l’agente a possibili errori cognitivi e percettivi.

Pertanto, ciò che, in sede di contestazione, si dovrà mettere in discussione non è certo la valenza probatoria del verbale (per far ciò occorrerebbe una querela di falso), ma l’inadeguatezza degli strumenti offerti ad ausilio delle forze dell’ordine, per la formazione del loro esatto convincimento, quale poi viene riversato nel verbale. In altri termini, non si contesterà il fatto che l’agente abbia ritenuto che il ricorrente violasse il limite di velocità, ma si contesterà che tale valutazione possa essere viziata da errore umano poiché non supportata da alcun oggettivo elemento di riscontro. Le operazioni che attendono al rilevamento delle infrazioni, sono infatti operazioni complesse, che, a volerle brevemente sintetizzare, richiedono l’individuazione del veicolo in corso, il puntamento dello stesso con il telelaser, la verifica sullo scontrino della velocità misurata, la segnalazione e sommaria descrizione ad altra auto o stazione di servizio, successivamente posizionata, affinché, infine, questa intimi il fermo al presunto trasgressore. Non può in nessun modo negarsi che lo svolgimento di tali azioni, nel tempo di una manciata di secondi, non esponga, suo malgrado, l’agente alla possibilità di commettere errori nella identificazione del veicolo del trasgressore, senza che alcun riscontro fotografico sia offerto a sostegno della sua valutazione.

Cosa scrivere nel ricorso

Ecco la motivazione che potrai inserire per contestare la tua multa per eccesso di velocità rilevata mediante telelaser

§ Nullità della rilevazione per assenza di elementi di riscontro della presunta violazione rilevata a mezzo di dispositivo telelaser: la presunta violazione che in questa sede si contesta è stata rilevata, stando a quanto riportato nel verbale, tramite un così detto “telelaser”. Il controllo della velocità dei veicoli a mezzo di tale strumento in una situazione di traffico intenso, non può ritenersi affidabile, poiché tale dispositivo elettronico non consente di poter verificare ex post la sussistenza della violazione “in modo chiaro ed accertabile”, come prescrive l’art. 345, comm 1, del Regolamento di attuazione del codice della strada. Il telelaser funziona, infatti, mediante un dispositivo di puntamento che offre, quale unico elemento di riscontro dell’accertamento, uno scontrino in cui sono riportate la velocità del veicolo “puntato”, la distanza del rilevamento, la data e l’ora. Tuttavia, in tale scontrino, è omessa qualsiasi indicazione circa il veicolo a cui la rilevazione si riferisce. Il dispositivo per le sue stesse note modalità di funzionamento, non è, pertanto, in grado di assicurare che l’autovettura inquadrata nel display sia poi effettivamente quella fermata dagli Agenti. Ciò posto, è evidente che il Telelaser in questione non presenta assolutamente quei requisiti prescritti dall’art. 345 del Regolamento di attuazione al codice della strada, il quale, come è noto, al comma 1 prevede testualmente che “le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell’utente”. Dal tenore testuale della norma, può senz’altro desumersi che il legislatore abbia inteso fare riferimento all’utilizzo di strumenti da cui derivino riscontri oggettivi di “accertabilità”. L’”accertabilità”, non è tale se non è oggettiva, se cioè essa non sia riscontrabile da chiunque sia posto nella condizione di verificare le risultanze dell’accertamento. È, quindi, innegabile che il legislatore non abbia certo intesto riferirsi a strumenti le cui risultanze consistono nel semplice scontrino privo di indicazioni circa il veicolo a cui la misurazione si riferisce (fatta eccezioni per le successive annotazioni apposte dallo stesso agente accertatore). Tale scontrino non è, infatti, in grado di garantire in alcun modo un riscontro oggettivo, rispondendo invece semplicemente al riscontro soggettivo dell’agente, il quale abbia ritenuto di poter riconoscere successivamente il veicolo in transito precedentemente sottoposto a verifica mediante il puntamento del dispositivo. L’interpretazione della norma in esame, nel senso che qui si suggerisce, riscontra ulteriori conferme nell’inciso finale “tutelando la riservatezza dell’utente”. È facile intuire che il legislatore abbia inteso premurarsi che di tali risultanze oggettivamente accertabili non si faccia un uso contrario alla riservatezza del conducente del veicolo, proprio per la loro indiscutibile forza probatoria. Il riferimento è evidentemente rivolto alle fotografie scattate da tutti i più comuni “autovelox”, un cui distorto utilizzo potrebbe effettivamente comprimere il diritto alla riservatezza dei soggetti sottoposti a controllo. Diversamente, risulterebbe assai improbabile immaginare che il legislatore abbia rivolto le sue premure verso un semplice scontrino assolutamente privo di elementi soggettivi circa la persona del conducente. Le argomentazioni fino a qui esposte sono le stesse facilmente riscontrabili in due “celebri” pronunce in materia, quella del Tribunale di Padova del 12 luglio 2000 e quella del Giudice di Pace di Torino del 20 marzo 2001. Pertanto, ciò che si intendere mette in discussione non è certo la valenza probatoria del verbale (per far ciò occorrerebbe una querela di falso), ma l’inadeguatezza degli strumenti offerti ad ausilio delle forze dell’ordine, per la formazione del loro esatto convincimento, quale poi viene riversato nel verbale. In altri termini, venendo all’esame del caso concreto, non si contesta il fatto che l’agente della Polizia Municipale abbia ritenuto che l’istante violasse il limite di velocità, ma si contesta che tale valutazione possa essere viziata da errore umano poiché non supportata da alcun oggettivo elemento di riscontro. Le operazioni che attendono al rilevamento delle infrazioni, sono infatti operazioni complesse, che, a volerle brevemente sintetizzare, richiedono l’individuazione del veicolo in corso, il puntamento dello stesso con il telelaser, la verifica sullo scontrino della velocità misurata, la segnalazione e sommaria descrizione ad altra auto o stazione di servizio, successivamente posizionata, affinché intimi il fermo al presunto trasgressore. Non può in nessun modo negarsi che lo svolgimento di tali azioni, nel tempo di una manciata di secondi, non esponga, suo malgrado, l’agente alla possibilità di commettere errori nella identificazione del veicolo del trasgressore, senza che alcun riscontro fotografico sia offerto a sostegno della sua valutazione.

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