La giustizia è allo sfascio eppure il suo costo aumenta sempre di più. Inciderà, infatti, direttamente anche sui costi di giudizio l’aumento delle marche da bollo approvato dal senato (con emendamento al decreto legge n. 43/2013) con cui si è deciso il seguente aggravio: le marche che oggi si pagano 1,81 euro aumenteranno a 2,00 euro; quelle da 14,62 passeranno invece a 16,00 euro.
È così che lo Stato racimolerà in un anno e mezzo il miliardo e duecento milioni di euro necessari per la ricostruzioni dell’Abruzzo.
Possibile non ci fosse di meglio da tassare? E soprattutto: possibile che dopo quasi quattro anni si parli ancora di fondi da destinare all’Abruzzo?
Ma non si era risolto quando Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, a reti unificate consegnò le case ai terremotati?
È chiaro che destinare fondi per restituire abitazioni e dignità ai bisognosi cittadini delle città abruzzesi colpite da sisma è un fine meritorio che trova tutti d’accordo, ma proprio per questo è disgustoso l’uso ipocrita e strumentale che si fa di questa nobile causa. Con l’imposizione fiscale cui gli italiani sono soggetti, se avessero davvero voluto finanziare la ricostruzione, dopo tanti anni, i nostri politici avrebbero certamente avuto tutte le risorse per farlo. I fondi da devolvere all’Abruzzo sono indiscutibili, dovrebbero essere già ponderati, stanziati e in corso di spesa. Se occorre strizzare ancor di più le tasche degli italiani, ci venissero più coerentemente a dire che servono per continuare a foraggiare tutte le inutili spese che lo Stato si ostina a sostiene a beneficio dei soliti noti.