Ci siamo in particolare riferiti ai verbali emessi dalla Polizia Municipale di Milano, ma a ben vedere l’esempio è stato immediatamente seguito da tante altre amministrazioni pubbliche. Ai meno informati la notizia ha suscitato un po’ di incredulità.
Proprio per questo torniamo sull’argomento, per mostrarvi la foto di uno dei tanti verbali. Nella parte che abbiamo ingrandito, per facilitare la lettura, si legge chiaramente e testualmente quanto segue:
È chiaro che, se i novanta giorni per la notifica si contassero (come logico sarebbe) dalla data dell’infrazione il verbale sarebbe stato notificato oltre i termini. Per rientrare nei termini, quindi, il verbalizzante dichiara di aver accertato l’infrazione ben quattro mesi dopo. È come dire “fatta la legge e trovato l’inganno”: se il codice della strada prevede che i termini decorrano dall’accertamento dell’infrazione (ma lacunosamente la stessa legge non prevede un termine entro cui l’accertamento debba avvenire) basta ritardarne a proprio piacimento la data per differire tendenzialmente all’infinito il termine per la notifica.
Sotto il punto di vista strettamente formale non c’è nulla da poter obiettare perche il codice della strada pone come termine da cui decorrono i novanta giorni proprio quello dell’accertamento. Sotto il punto di vista etico, viceversa, l’operazione pare davvero di bassissimo profilo. Le sanzioni dovrebbero essere “strumento” della legge. Per l’uso che viceversa ne fa il comune di Milano, la legge (nella sua più mistificatoria interpretazione) diviene strumento per imporre sanzioni (illegittime), che notificate con così tanto ritardo non assolvono ad alcuna funziona rieducativa, né tempestivamente disincentivano la reiterazione di condotte illecite.