I non addetti ai lavori probabilmente non sanno che in Italia vige il “processo civile telematico”. Detto in maniera semplice, gli avvocati sono tenuti per legge a depositare gli atti tramite internet.
Vi assicuro che anche per un avvocato relativamente giovane come me e con qualche competenza in materia di internet e dintorni, tutto è incredibilmente difficile.
Non oso sinceramente immaginare quante difficoltà incontrino i colleghi più anziani o quelli semplicemente meno avvezzi a masticare termini informatici e che ora si trovano a dover fare i conti non solo con la intrinseca complessità del diritto, ma anche con “formati dei files, megabyte, uploads, firme digitali” e chi più ne ha più ne metta.
Mentre prima il difficile era redigere una comparsa, adesso il difficile è banalmente depositarla. L’atto va esportato in pdf, va firmato digitalmente (generando un file in formato .p7m), va inserito tramite un apposito software in una busta elettronica in formato .enc e poi va spedito tramite posta elettronica certificata. Anche questa pec deve essere composta rispettando specifiche regole (l’oggetto va scritto in un determinato modo, gli allegati inseriti in un altro, ecc).
Dopo il deposito inizia il calvario dell’attesa, poiché se qualcosa dovesse essere andato per il verso storto non lo si sa subito, ma solo dopo che il sistema avrà generato in automatico 4 pec di conferma, che l’avvocato dovrà pazientemente aspettare di ricevere una ad una, prima di poter tirare un sospiro di sollievo.
Il processo civile telematico ha ovviamente anche dei pregi, poiché ci si risparmia delle trasferte non dovendo portare fisicamente gli atti in cancelleria e perché si evita di stampare centinaia di fogli. Sono pregi importanti, ma totalmente irrilevanti rispetto ai disagi da affrontare e di cui ho accennato solo in minima parte.
Questi sforzi si traducono generalmente anche in spese e ricadono quindi non solo sull’avvocato, ma ovviamente anche sul suo ignaro cliente.
Vi racconto tutto questo per farvi immedesimare nella rabbia, nello sconforto, nella frustrazione che suscita in me leggere l’ordinanza, di cui Vi allego una foto. Vi garantisco che si tratta di un atto assolutamente autentico, nulla di volutamente comico o di contraffatto.
Ci sarebbe da piangere, ma è quasi inevitabile lasciarsi scappare un sorriso amaro.
Per intenderci meglio, l’ordinanza è l’atto con cui il Giudice in questione rigetta l’atto depositato telematicamente dall’avvocato poiché (qui viene il bello), cito testualmente:
“un giudice per decidere usa sottolineare ed utilizzare brani rilevanti del documento nonché – questo giudice – piegare le pagine dei documenti così da averne pronta disponibilità quando riflette sulla decisione così da non perdere il filo della decisione; rilevato che non può il giudice sottolineare lo schermo del computer ovvero porre orecchiette allo schermo del computer per segnalare le pagine rilevanti dei documenti e non ritiene di sottoporre come costo allo Stato delle copie dei medesimi RIGETTA la richiesta di concessione di provvisoria esecuzione dell’ingiunzione”.
Tralasciando l’uso approssimativo della lingua italiana, Vi è chiaro cosa dice quest’ordinanza?
Per intenderci meglio: malgrado l’avvocato abbia doverosamente depositato l’atto in modalità telematica, il Giudice ha rigettato l’istanza perché gli risulta scomodo doverla leggere sul monitor.
Ecco lo stato della Giustizia in Italia. Mentre ci si fa in quattro per depositare un atto telematicamente e quasi per miracolo si riesce a farlo correttamente, un giudice rigetta una richiesta perché non ha potuto sottolineare il monitor e fare orecchiette alle pagine.
Potrebbe sembrare un singolo episodio, ma Vi assicuro che ci sarebbero tanti altri casi di cui parlare, dal tenore più o meno simile: gli avvocati (e i loro ignari clienti) sono nel mezzo, tra un legislatore che impone regole idiote e un giudice che per motivi ancora più idioti con arroganza disattende di applicarle.
Mentre io mi immedesimo nell’avvocato in questione, voi immedesimatevi nel suo cliente e scegliete se ridere oppure piangere.