È prassi diffusa che le amministrazioni municipali, per gestire in maniera più efficiente il procedimento di rilevamento delle infrazioni e notifica dei verbali, diano in concessione i relativi servizi a società private, ricompensando generalmente queste ultime con il pagamento di una percentuale sulle sanzioni riscosse. Una dettagliata analisi può così rivelare che, prima di giungere nelle mani del destinatario, un verbale abbia insolitamente fatto il giro di mezza Italia, dall’organo accertatore alla società terza per poi, solo infine, giungere al destinatario del verbale. Questa prassi, per quanto diffusa, è assolutamente illegittima.
Sull’argomento si è espressa la Cassazione, sancendo il principio secondo il quale il compito istituzionale di notifica dei verbali non può evidentemente essere condiviso e o affidato a società private: in primo luogo, perché ciò è in evidente contrasto con la normativa (che non prevedendo espressamente tale possibilità, implicitamente la esclude) ed, in secondo luogo, perché diverse e nettamente confliggenti sono le finalità per cui operano un ente pubblico locale ed una società privata. Pare, infatti, fuor di ogni dubbio che le funzioni pubbliche attribuite agli organi di polizia municipale non possano essere compatibili con il fine ultimo della massimizzazione dei profitti, comune – in quanto tale – a qualsiasi società privata.
Tale orientamento è stato recentemente confermato dalla Corte di Cassazione, che ha statuito che sono da considerare “giuridicamente inesistenti” le notifiche delle multe effettuate da società private di recapito – alle quali il Comune ha affidato il servizio di consegna di atti giudiziari. In tal guisa, le notifiche eseguite dai soggetti anzidetti sono equiparate all’omessa notificazione, pertanto, l’effetto giuridico è «l’estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per violazione al Codice della Strada».
Per i Giudici della Corte di Cassazione appare, pertanto, indiscutibile che le complesse formalità relative alla notifica a mezzo posta degli atti giudiziari, secondo la disciplina disposta dalla legge 890/82 «sono finalizzate a garantire il risultato del ricevimento dell’atto da parte del destinatario e attribuire certezza all’esito in ogni caso del procedimento di notificazione, costituendo un’ attribuzione esclusiva degli uffici postali e degli agenti e impiegati addetti, con connotati di specialità essenzialmente estranei a quei servizi postali di accettazione e di recapito per espresso di corrispondenza che il direttore provinciale delle poste ha facoltà di dare in concessione secondo la previsione dell’art. 29 del D.P.R. 156/73 ad agenzie private alle quali gli artt. 129 e 138 del relativo regolamento attribuiscono le denominazioni rispettivamente di -Agenzia privata autorizzata alla accettazione e al recapito degli espressi in loco- e -Agenzia per il recapito degli espressi postali».
Questo orientamento rappresenta ormai un principio incontrastato, mai contraddetto da alcun giudice di merito o di legittimità, eppure, malgrado ciò sono ancora numerosi i comuni che non adeguano il proprio sistema di notifiche, perseverando nei propri errori con l’arroganza di chi evidentemente ritenga più conveniente perdere qualche ricorso piuttosto che adeguare il proprio operato ai principi giurisprudenziali volti alla tutela delle garanzie di notifica degli atti giudiziari.
L’anomalia, laddove riscontrata, è, inoltre, destinata a ripercuotersi sulla legittimità dell’intero atto, dal momento che in esso si indica il nome del responsabile dell’immissione dei dati (colui che nell’ambito delle pubbliche amministrazioni cura «l’immissione, la riproduzione su qualunque supporto e la trasmissione di dati, informazioni e documenti mediante sistemi informatici o telematici, nonché l’emanazione di atti amministrativi attraverso i medesimi»). Questo in breve è il punto: se un verbale è stato redatto e spedito da due diverse località, possono evidentemente ricorrere due ipotesi. La prima: che all’immissione dei dati ha provveduto un soggetto diverso rispetto a quello indicato nel verbale; la seconda: che l’agente ha ottemperato al proprio ufficio al di fuori del territorio di competenza. Ciascuna delle due ipotesi porterà alla medesima conclusione, poiché in entrambi i casi il verbale sarà da considerare nullo. Quanto appena detto, si ritiene abbia valore non solo nel caso in cui il verbale risulti essere stato notificato per il tramite di società private, ma anche nel caso in cui, altrettanto di frequente, il verbale risulti essere stato lavorato presso centri S.I.N. (Servizio Integrato di Notifica) istituiti da Poste Italiane che, per oscure ragioni, sono delocalizzati rispetto al luogo di accertamento dell’infrazione.
Per ogni altra informazione, ti raccomandiamo di seguire la guida che abbiamo pubblicato in questa pagina: entro quanti giorni deve essere notificata una multa.